Chi guarda il Vesuvio dall’autostrada Napoli–Pompei, o da un qualsiasi punto del Golfo, all’altezza di Santa Maria La Bruna nota una ridente collina, alta 185 metri, che addolcisce con il suo verde declino l’arida, imponente mole del vulcano. In cima, una bianca chiesa barocca e un’austera costruzione color terra bruciata. È la collina dei “Camaldoli di Torre del Greco”, ribattezzata “Colle Sant’Alfonso”. Di origine vulcanica, la collina ha risentito poco degli effetti devastanti del vicino Vesuvio, da cui la separa una larga valle, quanto basta per proteggerla dalle eruzioni di lava. Dall’alto del Colle si gode il panorama dell’intero Golfo di Napoli, dal capo Miseno alla punta della Campanella, con le sue isole, le sue coste e quello del potente balzo del Vesuvio, nonché lo strano contrasto tra il verde dei pini e delle viti e il grigio delle pietre laviche. All’alba e al tramonto, “su le pendici del Vesuvio l’onda di sole arriva come riflesso di lava” (A. Mellusi). Nel 1954, Sant’Alfonso Maria de Liguori guidò i suoi figli, i Missionari Redentoristi, ad acquistare tutto il Colle, rovine e comprensorio boschivo. L’intento era di stabilire su questo asilo di pace la sede di studi e di formazione missionaria dei giovani della Provincia religiosa napoletana della Congregazione del Santissimo Redentore. Col passare degli anni, il Colle Sant’Alfonso è divenuto sempre più centro di “turismo religioso” e richiamo di spiritualità: sono molti coloro che, assecondati dal silenzio e della bellezza di questa collina, la frequentano per avvicinarsi più intimamente a Dio.
Fonte: "redentoristinapoletani.it"
Fonte immagine: "mapio.net"