“Vi è, tra Neapolis e i vasti campi di Dicearchia, un luogo posto nel fondo di un abisso cavo, bagnato dalle acque del Cocito; infatti ne fuoriescono impetuosamente vapori, che si spargono intorno con soffocante calore” (Petronio, I secolo d.C.). Nata circa 4000 anni fa al centro dei Campi Flegrei, la Solfatara (dal tardo latino “Sulpha Terra”, terra di zolfo) si manifesta vivacemente con fumarole, sorgenti di gas e di acqua minerale, getti di fango caldo e scosse sismiche. Il geografo greco Strabone, nel I secolo a.C., la chiamava “piazza di Efesto”, attribuendo l’opera al Dio del fuoco. I visitatori saranno immersi in un’atmosfera inquietante, dove la terra tormentata dal fuoco crea scenari surreali dai colori inimmaginabili. La maggiore delle fumarole è la Bocca Grande, una sorgente naturale di vapore acqueo in pressione, che schizza fuori a 160° e contiene diversi gas che conferiscono all'aria il caratteristico odore di “uova marce”. Oggi, la Solfatara non è più alimentata da magma; l'ultima eruzione risale infatti all'anno 1198. Nella prima metà del XIX secolo, il cratere, di proprietà reale, fu sfruttato come cava per estrarre alcuni composti chimici usati a fini militari. Molti di questi, a base di zolfo e altri minerali, si possono ancora vedere presso le fumarole, in forma di patine, croste e cristalli, generati per sublimazione dall'attività idrotermale del vulcano. La superficie del cratere è ricoperta dal “bianchetto”, un materiale argilloso-siliceo dalla cui depurazione si estraeva, in età romana, l'allume.
Fonte: "comune.pozzuoli.na.it"
Fonte immagine: "espressonapoletano.it"