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Palazzo Cellamare

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Descrizione

Ubicato nel quartiere San Ferdinando, il Palazzo Cellamare ha il suo ingresso scenico a via Chiaia, a valle della stradina che separa i colli medi di Monte di Dio, Cappella Vecchia e Pizzofalcone, ai limiti estremi Sud-Sud-Ovest dei Quartieri Spagnoli. La sua realizzazione risale al XVI secolo, come dimora di campagna di Giova Francesco Carafa, Abate di Sant’Angelo. Inizialmente, il corpo di fabbrica era pressoché lo stesso, con il giardino superiore diviso in due parti fiancheggiate dalle due ali del Palazzo. Inoltre, la facciata presentava decorazioni delle quali oggi restano alcune tracce intorno alle finestre del basamento bugnato e del piano nobile. Col passare degli anni, la casa diventò sempre più una residenza nobiliare, soprattutto dopo che Luigi Carafa, Principe di Stigliano, affidò alcuni lavori a Tito Manlio, tra cui anche la costruzione della fontana del giardino, che reca gli stemmi della famiglia e di tutte quelle ad essa collegate. Con lo stesso Luigi, il Palazzo diventò un animato centro culturale, al quale partecipavano molti letterati, tra cui anche Giovan Battista Basile e Giovan Battista Manso. In seguito, nel 1630, l’unica erede dell’intero patrimonio era Anna Carafa che, nel 1636, sposò il futuro Vicerè Don Ramiro Nuñez de Guzmán, Duca di Medina. Undici anni più tardi, l’edificio fu preso di mira da Masaniello e dai rivoluzionari, mentre nel 1657, durante l’epidemia di peste che colpì la città, la famiglia Carafa consentì ai monaci della vicina Chiesa di Sant’Orsola di usarlo come lazzaretto. L’ultimo erede fu Nicola Carafa finché, dopo la sua morte avvenuta nel 1689, venne confiscato e messo all’asta nel 1695. Così, il nuovo proprietario divenne Antonio Giudice, Principe di Cellamare. Nel 1726, Ferdinando Fuga fu chiamato a restaurare l’edificio, soprattutto per quanto riguarda la decorazione delle facciate e la costruzione dell’arco d’ingresso barocco; realizzato in pietra lavica, con lesene laterali che sorreggono la mensola su cui è posizionato lo stemma nobiliare in marmo bianco, su di esso venne aggiunta la scritta “Antonius Judice Juvenatii Dux”. Inoltre, lo stesso Fuga realizzò anche la cappella dedicata alla Madonna del Carmelo, nel primo cortile, di pianta rettangolare, con ingresso attraverso un portale in piperno e, all’interno, una copertura con volte a vela. Nello stesso periodo, il nuovo proprietario si preoccupò di far restaurare gli affreschi eseguiti da Luigi Romano, a cui ne fece aggiungere altri da Pietro Bardellino, Giacinto Diano, Fedele Fischetti e, probabilmente, anche Giacomo del Po. Nel 1760, quando ormai il casato della famiglia Giudice si stava estinguendo per mancanza di eredi maschi, l’edificio venne dato in affitto al Principe di Francavilla, Michele Imperiali. Con lui l’edificio attraversò un altro periodo di splendore vista l’importanza degli ospiti che riusciva ad attirare, tra cui anche Goethe e Casanova. Intanto, nel 1787, l’edificio diventava proprietà di Francesco Caracciolo, Principe di Villa. Nel Novecento, infine, viveva qui il grande matematico Renato Caccioppoli, che morì suicida nel 1959; tra le altre, la sua attività di convinto antifascista si espresse anche in atti di sarcastica presa in giro del regime. È noto, ad esempio, che a seguito del divieto per gli uomini di passeggiare con cani di piccola taglia (secondo i fascisti per "salvaguardia della virilità"), era solito camminare, come forma di contestazione, per le principali strade di Napoli con un gallo al guinzaglio.
Fonte: "I palazzi di Napoli"
Fonte immagine: "flickr.com"

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