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Museo di Anatomia Umana

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Descrizione

Il Museo di Anatomia Umana di Napoli è tra i più antichi e completi al mondo. Ubicato presso l’Istituto di Anatomia Umana, nei chiostri di Santa Patrizia della Seconda Università degli Studi di Napoli, fu fondato a scopo didattico tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento ed in seguito vi furono collocate una serie di collezioni con l’affermazione delle teorie evoluzionistiche di Charles Darwin. Nel Museo vi è una sezione relativa all’anatomia normale, in cui è possibile trovare una raccolta di organi in cera e una sequenza di organi interni essiccati. Poi una sezione interessata all’anatomia patologica, che studia le malformazioni dovute alle malattie: sono conservati feti malformati, teste ciclopiche (con un solo occhio) e altri reperti in formalina o alcool. Inoltre, conserva un omero preparato dal grande anatomista fiammingo Andrea Vesalio nel 1544. Napoli è stata protagonista della rivoluzione culturale e scientifica che caratterizzò il periodo dalla metà del XVI fino al XIX secolo e questo suo ruolo attivo si rispecchia ampiamente nel Museo, uno dei più completi ed esclusivi al mondo. In Italia di simili ce ne sono solo a Torino, a Roma e a Firenze. In Europa, invece, a parte Londra, non c’è molto; si trova poi qualcosa soltanto negli Stati Uniti, a Boston e a Filadelfia. Ma il Museo di Napoli ha qualcosa in più. Qui, la storia dell’anatomia si è sviluppata con quella della città; ad esempio, a partire dal XVII secolo, nell’Ospedale di San Giacomo Apostolo nacquero i primi preparati anatomici del Severino. Come ricorda il giornale “Il Mattino”, il ‘700 fu caratterizzato dagli studi di Cotugno presso gli Incurabili, mentre l’800 dalle riforme francesi e dei Borbone. Dopo l’Unità d’Italia, la collezione venne arricchita con i crani provenienti dagli scavi di Pompei e Cuma, e dalle famose “teste della Vicaria“, ossia teschi dei giustiziati rimasti appesi per circa trent’anni in gabbie di ferro fuori Castel Capuano (tra cui quello di Giuditta Guastamacchia, donna bellissima quanto crudele, impiccata nel 1800 per omicidio ed adulterio). Tra i reperti ci sono bisturi di epoca romana e le calcinazioni di Giuseppe Albini delle epidemie dell’800 a Napoli, i 153 feti “mostruosi” conservati in formalina o in alcool e le “pietrificazioni” di Efisio Marini (XIX secolo), scienziato che inventò un metodo di mummificazione di organi interni. Non mancano apparecchiature d’epoca e libri antichi, la collezione delle “curiosità” e due trofei “Tsantsas”, donati da un medico brasiliano. Sono due teste umane dei “Jibaros”, abitanti delle rive del Rio delle Amazzoni in Ecuador, noti per la loro usanza di portarsi la testa dei nemici vinti e di conservarla come trofeo.
Fonte: "vesuviolive.it"
Fonte immagine: "oltreiresti.it - napolitan.it"

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