Il porticciolo della Marina della Lobra è aperto a Nord-Est e l'imboccatura è delimitata dalla punta della scogliera che parte da Capo Corbo e dall'altro lato da un frangiflutti, molto più piccolo e staccato da terra. Nello specchio d'acqua compreso fra questa piccola scogliera e la riva vi sono numerosi scogli; fra questi, è facilmente identificabile “'a Preta ummeda” (pietra umida), in quanto è un po' più grande degli altri ed ha la particolarità di rimanere umido anche quando la bassa marea lo lascia scoperto. L'edificio che domina l'ingresso del porto continua ad essere chiamato La Medusa (anche se la pensione-ristorante omonima chiuse molti anni fa) e lo specchio d'acqua sottostante “sotto 'a Medusa”. Nel porto di Massa, lo sbarco è sempre facile ed agevole sulla spiaggia dei pescatori - sulla sinistra, nella prima parte del porto - e, passata la strettoia fra il Circolo Nautico e la scogliera, allo scivolo di cemento per il varo e l'alaggio delle imbarcazioni o alla spiaggetta di Fontanelle in fondo al porto, alla base del ponte della strada. A monte del molo, dalla parete emergono resti di strutture di epoca romana in “opus reticulatum”. Proprio di fronte all'abitato della Marina della Lobra, a poco meno di un miglio da terra, in direzione Nord-Ovest, sorge dalle acque il Vervece (dal latino “Vervex”, caprone), caratteristico scoglio di Massa localmente detto “'o Revece”. Appena usciti dal porticciolo, si comincia a costeggiare la lunga scogliera eretta a protezione dell'abitato e, a metà circa di questa, si passa al lato di uno scoglio basso detto “'o Trebbete” (treppiede); quando questo è stato citato sulle carte ufficiali, peraltro raramente, viene erroneamente indicato con il nome Pila di Massa. Lo scoglio è inavvicinabile dal lato di terra, essendo costituito da rocce frastagliate e taglienti, mentre dal lato mare, al livello del bagnasciuga, presenta una piccola piattaforma ricoperta da alghe morbide; qui, se il mare è calmo, è anche possibile sbarcare e tirare in secco la canoa. Molto probabilmente, questa parte è stata manomessa dall'uomo e il pavimento di questa pedana potrebbe essere costituita da resti di costruzioni addirittura di epoca romana, forse la parte terminale di un molo. Infatti, “'o Trebbete” è il più esterno di una serie di scogli allineati secondo un asse perpendicolare alla riva, in parte ancora visibili, in parte ricoperti dalla moderna banchina di cemento davanti al Circolo Nautico. Il più grosso, al quale apparteneva il toponimo di Pila di Massa, è inglobato nella scogliera, proprio di fronte al Circolo. Questo, invece, poggia in parte su quella che i pescatori chiamavano “Pila Pizzerella” (piccola), in contrapposizione al nome “Pila Ranna” (grande) riferito allo scoglio attorno al quale è stata poi costruita la scogliera. Probabilmente, queste serie di scogli costituiva parte del riparo dell'antico approdo di Massa che “anticamente aveva anche un bel porto che rimase distrutto a cagione delle sue frequenti sciagure e veggonsene fin oggi i suoi vestiggi”. È sconsigliabile avvicinarsi alla scogliera con mare grosso, in quanto si viene a creare una notevole risacca, in particolare nel passaggio fra “'o Trebbete” e gli scogli frangiflutti. Anche il Filangieri cita un molo che fu costruito fra i secoli XVI e XVII, nel periodo della massima potenza commerciale di Massa Lubrense. A quei tempi, molti massesi facevano fortuna a Napoli come banchieri, avvocati, medici e anche come artigiani; inoltre, c'era un tale traffico di feluche provenienti dalla Marina della Lobra che la vecchia Porta di San Pietro Martire, presso la quale solevano approdare le imbarcazioni massesi, fu da allora detta Porta di Massa. Tale nome è tutt'oggi riferito ad una banchina del porto di Napoli e alla via che da detto varco, attualmente chiuso, conduce a via Mezzocannone. La scogliera termina perpendicolarmente alla parete rocciosa di Punta Corbo, dominata dalla chiesa e dal cimitero di San Liberatore e dalla sottostante Torre di Toledo. Già esistente nel XIII secolo (è citata in un documento recante la data del 19 aprile 1277 con il nome di Torre Corva), fu ristrutturata nel 1556-57; qui vi sono stati i cannoni borbonici fino al 1860. Essa è detta anche Torre di Marina di Massa, della Lobra o di San Liberatore ed è da molti anni privata ed utilizzata come abitazione, pur conservando il suo aspetto originario. Sulla famosa carta del Magini (1620) viene indicata col nome “T.La Mana”, dove “T” sta per Torre. Questo toponimo è posto lungo la costa a Sud del Vervece e subito prima di Massa; la torre successiva ad essere segnalata è quella di San Lorenzo. Da ciò si potrebbe dedurre che La Mana fosse un altro nome della Torre Corva, visto che in zona non vi sono altre torri e la più vicina, non segnalata, è quella esistente a Capo Villazzano, certamente meno importante e meno famosa; si potrebbe, però, anche ritenere che Mana sia stato semplicemente un errore di trascrizione di Massa o di Marina su quella carta.
Fonte: "massalubrense.it"
Fonte immagine: "panoramio.com"