Sulla sponda santangiolese del fiume Ofanto c’era un posto chiamato “Li Liuni” («qui vulgariter nuncupatur Li Lyuni», dice un documento dell’anno 1300). Francesco Scandone annotava: «Il nome Liuni ... trae origine evidente da qualche antico monumento in cui devono essere effigiati dei leoni». Effettivamente, ancora agli inizi del Settecento, all’interno dell’abitato di Lioni (la tradizione popolare racconta in cima al campanile) si potevano ammirare due magnifici leoni di pietra. Uno è quello, ora piuttosto malridotto, che si vede davanti al Palazzo del Municipio; l’altro, come riferisce Roccopietro Colantuono, andò distrutto durante il terremoto del 1732. Si tratta di sculture funerarie provenienti da tombe romane di età imperiale. Di solito, i Romani facoltosi che vivevano lontano dalle città si facevano costruire il monumento funebre nelle loro terre, in un luogo ben in vista. Alla tomba del padrone facevano corona le sepolture dei liberti e degli schiavi. Nelle campagne meridionali questo genere di sepolcreti era piuttosto diffuso. L’idea che, al tempo dei Romani, la collina di Lioni venisse usata come luogo di sepoltura, è avvalorata dalle due stele funerarie con l’immagine delle persone sepolte, che fino al terremoto del 1980 erano murate in due case del centro storico, in via Ricca e nel II vico Annunziata (una è stata recuperata e si trova ora nella Mostra Etnografica). Nei documenti medievali, Lioni è abitualmente indicato come «casale Leonum», o «de Leonibus», vale a dire «casale dei Leoni».
Fonte: "comune.lioni.av.it"
Fonte immagine: "storiadilioni.it"