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La Mefite

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Descrizione

Dall’Eneide di Virgilio, VII Canto, versi 563-565: “Vi è un luogo al centro dell'Italia circondato da alte montagne, famoso e celebre in ogni posto: la valle d'Ansanto… Qui un orrendo speco e gli spiragli di Dite vengono mostrati, e una vasta voragine dove inizia l'Acheronte che spalanca le fauci pestifere." La Mefite presenta un'area pianeggiante arida e desolata, dal colore grigiastro con chiazze gialle, e sotto ad un dirupo il lago grande (naturale, profondo circa 2 metri per 40 metri di perimetro) e altri due piccoli e circolari, fatti dall’uomo per raccogliere il fango che veniva utilizzato per la cura della pelle. L’acqua delle pozze ribolle a seguito delle emissioni di gas del sottosuolo, tossiche e rumorose, costituite principalmente da anidride carbonica e acido solforico. L'invaso col tempo si è ristretto per un progressivo interramento a causa dello smottamento del terreno a monte e con l'erosione meteorica dello stesso. La denominazione trae origine dalla popolazione degli Hirpini (Irpini). Tra l'XI ed il X secolo a.C., a sud dell'Umbria, vivevano gli Ausoni, chiamati Oschi per il loro attaccamento alla terra. Più tardi arrivarono in gran numero gli Etruschi che invasero i territori ad occidente di quelli degli Oschi. Strette dalla pressione dei conquistatori e dal crescente numero della propria popolazione, alcune tribù osche si videro costrette ad emigrare. Ogni colonia era guidata da un animale sacro, che per i Sanniti era il cinghiale e per gli Irpini il lupo, chiamato appunto hirpus. Una parte degli Hirpini giunse alla Mefite, eletta come nuovo luogo di stabilimento; crearono villaggi (vici) e casolari di campagna (pagi), si riunivano per motivi difensivi e per eleggere i magistrati. Poiché il contesto ambientale presentava caratteristiche alquanto dure per la vita umana, gli Hirpini, che veneravano la Dea Giunone Mefitide, come altre popolazioni italiche di quasi tutta l'Italia meridionale, cominciarono ad immolare animali in favore della divinità e ad offrirle in dono preziosi beni personali, onde accattivarsene la protezione. Col tempo i racconti di avvenimenti straordinari circolarono dappertutto e richiamarono folle sempre più rilevanti di visitatori. Allora tutta la zona fu conosciuta come una terra sacra, una terra santa, che nella lingua latina fu "Ampsanctus", quindi valle d’Ansanto. I resti del tempio, già individuato dal Santoli verso il 1780, vennero alla luce a seguito di scavi archeologici compiuti negli anni 1950 e '60.
Fonte: "roccasanfelice.net"
Fonte immagine: "irpinia24.it"

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