In fondo alla via d’acqua, a destra del Bagno di Diana, si trova il Giardino Inglese. Voluto dalla Regina Maria Carolina d’Austria, moglie di Re Ferdinando IV, esso fu realizzato da Carlo Vanvitelli e dal giardiniere inglese John Andrew Graefer. Nelle intenzioni della Regina, che vi investì parte della sua fortuna personale, il Giardino doveva oscurare il “Petit Trianon” di Versailles, commissionato dalla sorella Maria Antonietta, Regina di Francia. L’Inglese, primo esempio di Giardino informale italiano, occupa una superficie di 24 ettari e l’acqua che lo alimenta proviene dall’Acquedotto Carolino. I lavori di costruzione iniziarono nel 1785 e furono completati molto rapidamente: colline, prati, stagni, canali e tutto il resto furono interamente realizzati dall’uomo, mentre le piante importate da varie parti del mondo. Seguendo la moda che dall’Inghilterra si stava diffondendo in tutta Europa, furono costruite numerose “Follies”, utili per le soste ed il tempo libero dei reali, oltre a serre destinate alla coltivazione ed allo studio delle piante. Durante il XIX secolo, sotto la guida dei botanici Gussone e Terracciano, il Giardino fu denominato Real Orto Botanico di Caserta. Qui, infatti, sono visibili esemplari eccezionali di “Cinnamomum camphora”, “Taxus baccata”, “Cedrus libani” e quella che si vuole essere stata la prima Camelia arrivata in Europa dal Giappone. Nella zona chiamata “Labirinto”, vi è uno stagno con ninfee che si espande fino a contenere due isole ricche di vegetazione, romantica rappresentazione del gusto ottocentesco: la più grande ha un tempietto in rovina, con colonne di granito provenienti dalle rovine di Pompei; la più piccola ha una sorta di padiglione, utilizzato come ricovero per anatre, cigni ed altri uccelli acquatici che vivono nel laghetto. Un altro luogo ricco di suggestioni romantiche ospita il Criptoportico, una finta rovina romana costruita poco dopo la scoperta di Pompei, per dare agli ospiti della corte la sensazione di camminare nella città in fase di scavo. La struttura è un ninfeo con le pareti di tufo, in cui si aprono grandi nicchie in “opus reticolatum” decorate con stucchi e contenenti undici statue, alcune delle quali provenienti da Pompei, altre dalla Collezione Farnese, altre già presenti sul posto prima del 1792. Il pavimento, volutamente sconnesso, è fatto di tasselli di marmi colorati. La volta è scoperta in due punti, mente il muro presenta finti crepacci e rotture. Dalle radici di un grande tasso secolare sgorga l’acqua che alimenta uno splendido laghetto, chiamato il Bagno di Venere, dove la statua della Dea, scolpita da Tommaso Solari nel 1762, è rappresentata come appena emersa dai flutti, su uno scoglio che divide le acque in mille rivoli. Nei recessi del Bagno, costituiti da dirupi e ninfei ispirati all’Antro della Sibilla Cumana descritto nell’Eneide e contornati da allori, lecci e felci, la luce penetra attraverso il fogliame degli alberi, mentre si ode il gorgoglìo della cascatella che sgorga dalle radici del grande “Taxus”, posto al centro dell’emiciclo. Non lontana dalle antiche serre sorge la Palazzina Inglese, edificata tra il 1790 ed il 1794 come abitazione del giardiniere Graefer. Si tratta di un fabbricato a due piani, ciascuno composto da dodici stanze abitabili, scandito all’esterno da un ordine dorico di pilastri. La struttura prevedeva anche un locale destinato alla conservazione dei semi e degli attrezzi. Graefer effettuava continue escursioni in Campania, a Capri, sul litorale salentino ed a Palermo per rifornirsi di piante; inoltre, grazie ai contatti con i botanici inglesi, riuscì ad ottenere anche molti esemplari e sementi provenienti dall’Australia, dalla Cina e dal Giappone, dai quali creò ibridi e numerose rarità presenti nel Giardino. Le specie che non venivano messe a dimora erano custodite nelle serre, che si sviluppano in prossimità della Palazzina. Vicino ad esse si trova l’Acquario, una grande vasca circolare destinata a contenere piante acquatiche, e nei suoi pressi vi era anche la Scuola di Botanica. Nella parte settentrionale del Giardino è situata una delle sue strutture più belle, nata dall’adattamento dell’ampia vasca di una cisterna fuori uso, realizzata da Luigi Vanvitelli diversi anni prima dell’arrivo di Graefer. Il serbatoio, sostenuto da solidissimi piloni, era posto sulla sommità di una collinetta boscosa e doveva servire nel caso di un guasto all’Acquedotto Carolino; non fu mai adoperato, così divenne, in epoca francese, luogo di allevamento delle api per la produzione del miele, da cui il nome della fabbrica “Aperia”. Nel 1826, durante il regno di Francesco II, fu adibita “ad uso di Flora”, vale a dire di serra, per la coltivazione di piante arboree. Vi fu perciò collocata la statua di Flora, o Cerere, opera di Tommaso Solari del 1761 e per la quale l’artista fu pagato da Luigi Vanvitelli. Questa zona del Giardino, “a parterre” con fiori, in passato era diviso in cinque grandi appezzamenti di terra, chiamati Scolle, per la coltivazione di alberi di piccolo e gran fusto.
Fonte: "reggiadicasertaunofficial.it"
Fonte immagine: "panoramio.com - giardinaggio.it"