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Complesso Sant'Eframo Vecchio

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Descrizione

A valle della collina di Capodimonte, sorge il Convento dei Frati Cappuccini di Sant’Eframo Vecchio, con annessa Chiesa dedicata ai Santi Efebo, Fortunato e Massimo. Il Complesso risale al XVI secolo e fu costruito su un’antica catacomba del V secolo, dove era stato sepolto Sant’Efebo (nome poi corrotto in Eframo), Vescovo di Napoli. Viene identificato con il nome “Vecchio” per distinguerlo dal Convento di Sant’Eframo Nuovo, presso la Chiesa dell’Immacolata Concezione a Salvator Rosa. I Frati Cappuccini, guidati da Ludovico da Fossombrone, giunsero a Napoli nel 1529. Nel 1530, fu assegnata loro una chiesetta su di una collina circondata da boschi e dirupi. Un anno dopo, iniziò l’edificazione del Convento con strutture povere e semplici e si fabbricarono celle umili ed anguste per i Frati, al di sopra della volta del tempietto nelle cui fondamenta, nel 1540, furono scoperte le antiche grotte che erano servite da luogo di preghiera e cimitero ai Cristiani. Queste furono murate dagli stessi Frati, per timore che quei luoghi di meditazione e di preghiera diventassero meta continua di pellegrini. Solo nel 1931, Padre Bellucci iniziò scavi sistematici che portarono alla luce l’antico complesso cimiteriale, dove sono visibili un affresco raffigurante tre Santi ancora in buone condizioni e una statua in stucco di San Gennaro. Nel 1725, il Complesso rischiò di crollare e si diede inizio ad opere di ristrutturazione di notevole importanza, che durarono circa quindici anni. Fu ampliata la Chiesa e il Convento si arricchì di un nuovo corpo di fabbrica che si fuse con le strutture più antiche: quelle che ospitano la biblioteca (aperta al pubblico, contiene circa 90 mila volumi, in gran parte antichi) e la torre campanaria con l’orologio maiolicato. Nel 1762, la Chiesa fu abbellita con balaustrate lignee alle cappelle laterali e all’altare maggiore, che fu ricostruito nel 1773 da Giuseppe Salemme; questo conserva ancora ornamenti di marmo dell’altare antico e la porticina del tabernacolo, opera seicentesca del Frate cesellatore Giovan Battista da Napoli. Al centro del paliotto si nota un’urna contenente i resti dei tre Santi cui è dedicata la Chiesa. In alto, il dipinto di grandi dimensioni con le figure dei tre Santi, opera del Solimena o di suo allievo, eseguito intorno al 1735. Alle pareti laterali, i quadri raffiguranti il “Transito di San Giuseppe” e la “Natività”. In alto, in direzione dell’altare maggiore, si ammira la statua lignea della Vergine dei Sacri Cuori, comunemente detta la Madonna del Brasile, giunta nel 1828 a Napoli dalla nazione carioca. Nel 1774, per rendere più accogliente la strada che dalla Chiesa di Sant’Antonio Abate portava a Sant’Eframo Vecchio, i Frati piantarono ai lati della stessa alberi di alto fusto. Tra il 1844 ed il 1850, fu realizzato il pavimento di gusto orientale che ancora oggi si ammira. Il Coro si presenta con una struttura molto semplice, realizzata nella seconda metà del XVIII secolo. Alle pareti, quattro quadri ovali di buona fattura, raffiguranti “San Francesco”, “San Pietro con il gallo e le chiavi”, la “Maddalena penitente” e “Sant’Elisabetta d’Ungheria”. Il Convento, immerso nel verde, occupa buona parte della collinetta con un orto, vari giardini ed un boschetto, ben tenuti ed accoglienti. L’ampia fabbrica conventuale è improntata alla semplicità cappuccina: il chiostro, i terrazzi, i corridoi e le celle non hanno valore artistico, ma hanno soddisfatto per secoli i bisogni dei Frati. Meritevole di nota è il refettorio, con tavoli e panche di noce. Su di una parete si ammira un quadro del XX secolo del pittore Grasso, rappresentante la “Cena dei discepoli di Emmaus”. In alcuni locali nelle vicinanze del refettorio, sono conservati tre quadri di ottima fattura raffiguranti: “San Francesco in Estasi”, la “Natività” e la “Deposizione”.
Fonte: "francescanisanteframo.it"
Fonte immagine: "francescanisanteframo.it"

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