Fondato tra il 1230 e il 1235 dal ramo femminile della famiglia Rebursa, il Monastero non fu altro, per i primi tempi, che la casa degli stessi Rebursa, trasformata in clausura. Il Complesso di San Francesco ha subìto vari interventi nel corso dei secoli. La Chiesa, completamente ristrutturata a partire dal 1645, è preceduta da un pronao a pianta quadrata con arcate a tutto sesto e volte a scodella con pareti dipinte. Il pronao, come pure la parte inferiore del campanile, appartengono alla costruzione originaria. Una porta lignea, risalente al XVII secolo, in cui sono intagliate le figure di San Francesco e Santa Chiara, introduce all’interno del tempio, a croce latina e unica navata, sulla quale si aprono tre cappelle per ciascun lato. Sul lato sinistro, la terza cappella è occupata dall’accesso alla sacrestìa, sovrastato dall’organo del ‘700, in legno dorato con lo stemma della casata committente (Nisio-Gargano), che naturalmente vedeva un suo membro ospitato nel Monastero; le Monache di San Francesco provenivano tutte da famiglie molto ricche. Molto bella è la sacrestìa, in legno intarsiato, commissionata dalla nobile famiglia Del Tufo nel XVIII secolo. La Chiesa è completamente rivestita in marmi policromi, un lavoro eseguito tra la fine del ‘600 e gli inizi del ‘700. Sull’altare della prima cappella di sinistra, si può osservare la tela con “Cristo deposto”, attribuita a Paolo de Majo (metà XVIII secolo). Nella seconda cappella di sinistra, è posta “L’Adorazione dei Pastori”, dipinta da Pietro da Cortona intorno al 1650. Nel presbiterio si può ammirare una “Pentecoste”, datata 1754, probabilmente eseguita dal pittore napoletano Francesco Mura. L’altare maggiore, ricoperto da tarsie in marmi policromi e madreperla, fu realizzato tra il 1697 e il 1699 dagli scultori carraresi Bartolomeo e Pietro Ghetti, attivi a Napoli dal 1663 al 1728. Nell’abside è collocato il dipinto raffigurante “San Francesco in Gloria”, opera di Jusepe de Ribera, detto lo “Spagnoletto”, datato 1642. Nel lato destro del presbiterio è posta la tela con Santa Chiara che mette in fuga i Saraceni, attribuibile al De Mura. Nel coro inferiore è posta una rara icona bizantina raffigurante la “Madonna Lactans” (XIII secolo). Il chiostro rimane l’unica testimonianza dell’aspetto romanico originario del Complesso; decorato in alcune campate con affreschi risalenti a diverse fasi di intervento, presenta archetti ogivali poggianti su colonnine binate. Nella prima campata, una “Madonna con Bambino e Santi”, di forte impronta bizantina, rimane a testimonianza dell’originaria decorazione duecentesca. Nella seconda campata, l’affresco con Santa Chiara, databile al XVI secolo. Il paesaggio urbano, raffigurato sullo sfondo, molto probabilmente rappresenta la città di Aversa del XVIII secolo.
Fonte: "aversaturismo.it"
Fonte immagine: "aversaturismo.it"