Lungo il Decumano Inferiore di “Spaccanapoli” si erge una delle chiese monumentali più belle della città, quella di San Domenico Maggiore. Situata nell’omonima piazza, la struttura, originariamente di forma gotica, rappresenta oggi un perfetto esempio di Barocco napoletano e insieme all’adiacente Convento, uno dei luoghi simbolo della tradizione architettonica e storica della città. Il più importante restauro avvenne per opera di Vaccaro, il quale diede alla struttura un’impronta barocca. Eretta tra il 1283 ed il 1324 per volere di Carlo II d’Angiò, la Chiesa incorpora un preesistente Monastero del X secolo, quello di San Michele Arcangelo a Morfisa, nel quale si stabilirono i Domenicani. Gli ingressi per addentrarsi nel tempio sono tre. Nel bel mezzo della piazza, di fronte all’obelisco di San Domenico, sono presenti due porte di accesso: la prima, sotto un balcone quattrocentesco, chiusa al pubblico; la seconda, tramite un enorme scalinata, conduce al transetto laterale della Chiesa. L’ingresso principale si trova lungo vico San Domenico, sul lato destro della struttura; è consigliabile scegliere questa opzione se non si vuole perdere l’effetto del maestoso ingresso dell’edificio. L’interno della Chiesa si presenta con una pianta a croce latina suddivisa in tre navate; è molto vasto e ricco di sfarzo: una gioia di colori ben assemblati, marmo ed oro. Un esempio è dato dal meraviglioso soffitto a cassettoni con al centro lo stemma dei Domenicani e ai quattro angoli le armi della casa d’Aragona e la corona spagnola. Imponente anche l’organo, realizzato dai maestri liutai napoletani. Le cappelle presenti sono ventisette; spiccano, in particolare, la seconda, chiamata anche “cappella degli affreschi”, sulle cui pareti sono presenti le opere del pittore romano Pietro Cavallini e la sesta, il “cappellone del Crocefisso”. Quest’ultima racchiude al suo interno altri affreschi e diversi monumenti sepolcrali, ma richiama l’attenzione in quanto custodisce una riproduzione fotografica della tavola del Crocefisso del XIII secolo, quello che secondo la tradizione avrebbe parlato a San Tommaso D’Aquino. L’illustre personaggio ha soggiornato per diversi anni nel complesso, insegnando teologia; il dormitorio principale del Convento, detto di San Tommaso per la presenza della cella del Santo, fu oggetto di una ristrutturazione a fine XVII secolo, dopo la quale si possono datare i venticinque dipinti murali con “Storie della Vita di San Tommaso”, lungo i due lati del corridoio, sugli ingressi alle celle dei Frati, attribuibili al pittore tardo seicentesco Domenico Viola. Assolutamente da visitare anche la sagrestìa; al suo interno sono custoditi, in un ballatoio e su due piani, molti dei corpi mummificati degli Aragonesi. Al Convento si accede da vico San Domenico. Sviluppato su tre piani, la struttura ha ospitato per alcuni anni personaggi come Giordano Bruno e Raffaele Cutolo, il capo della Nuova Camorra, durante il suo processo. Fino agli anni ‘90 infatti, il Convento ospitava le aule dell’ex Corte d’Assise. Originariamente, i chiostri di San Domenico erano tre, oggi soltanto uno è di competenza del complesso. Oggetto di svariati restauri, il Convento è stato riaperto al pubblico nel 2012 ed oggi è suddiviso in più zone: una parte è utilizzata dai Domenicani, un’altra è sede di una palestra ed un’altra ancora è sede di un liceo.
Fonte: "ecampania.it"
Fonte immagine: "campaniartecard.it - napolidavivere.it"