Dalle colline oggi chiamate “Colli Aminei”, partivano quattro impluvi i quali, incidendo il tufo, lo mettevano a nudo creando dei veri e propri valloni, attraverso cui trovava recapito la cosiddetta “Lava dei Vergini”, colate di fango e detriti provenienti dall'erosione della coltre piroclastica che ammanta le colline circostanti. La stessa via Fontanelle rappresenta il vecchio impluvio sulle sponde del quale sono dislocate numerose cave di estrazione del tufo che, fino al secolo scorso, hanno fornito i materiali da costruzione per l'attività edilizia di tutta la città e che oggi sono adibite ad usi più disparati: deposito di ulive, vetrerie, lavorazione di cioccolata, marmi, garage, cantine. A metà del XVI secolo, la Lava provocò un'enorme voragine nella strada delle Fontanelle, per cui si ordinò ai “salmatari di riempire la stessa con sfabbricatura”. All'epoca, i morti venivano interrati nelle chiese, dove però non c'era più posto per cui i salmatari, di notte, li disseppellivano e li scaricavano nelle vecchie cave abbandonate. A seguito dell'ennesima alluvione, dalle cave fuoriuscirono molte salme e si racconta che gli abitanti della Sanità non uscivano di casa per non riconoscere i propri morti. L'origine di questo Ossario, però, si fa risalire al XVI-XVI secolo, quando a Napoli si susseguirono tre rivolte popolari, tre carestie, tre terremoti, cinque eruzioni del Vesuvio e tre epidemie; essendo il luogo isolato, fu qui che vennero raccolti i cadaveri delle vittime, secondo alcuni 250 mila su una popolazione di 400 mila abitanti, secondo altri addirittura 300 mila. L'Architetto Carlo Praus, a seguito dell'editto di Saint-Cloud del giugno 1804, presenta nel 1810 un progetto per la costruzione di un vasto camposanto mediante l'ampliamento dell'antica necropoli delle Fontanelle. Nel 1837, essendo stato ordinato di togliere gli ossami da tutti i cimiteri delle parrocchie e delle confraternite e di portarli nell'Ossario delle Fontanelle, un gran numero di carri, scortati da confratelli e guardie, trasportarono in queste grotte cataste di resti mortali. Il Cimitero rimase abbandonato fino al 1872, quando il Parroco della chiesa di Materdei, Don Gaetano Barbati, con l'aiuto di popolane mise in ordine le ossa nello stato in cui ancora oggi si vedono, tutte anonime, ad eccezione di due scheletri: quello di Filippo Carafa, Conte di Cerreto dei Duchi di Maddaloni, e di sua moglie Donna Margherita Petrucci; entrambi riposano in bare protetti da vetri. Il corpo di Donna Margherita è mummificato ed il teschio ha la bocca spalancata, per cui si dice che la nobildonna sia morta strangolata da uno gnocco. Nell'ordinare le ossa, furono messe nella navata retrostante la chiesa quelle provenienti dalle parrocchie e dalle congreghe, per cui essa fu detta “Navata dei preti”; la centrale fu chiamata “Navata degli appestati”, perché in essa erano stati sotterrati i morti di epidemie. L'ultima è la “Navata dei pezzentelli”, perché qui furono accomodate le ossa della gente povera. Suggestiva è la pratica delle adozioni di alcuni teschi che, di solito, venivano messi in teche e venerati o per grazia ricevuta o per voto o per fede. Nacquero così numerose storielle, tra cui quella di Fratello Pasquale, la cui “capuzzella” dava i numeri al lotto, apparendo in sogno come postino dai capelli rossi (da cui il nome “Capa rossa”), e ancora quella del “Capitano”. Questo teschio era stato adottato da una povera ragazza; ad esso, ella rivolgeva tutte le sue cure e preghiere, supplicandolo perché le facesse trovare marito, cosa che avvenne presto. Il giorno delle nozze, tutti erano attirati dalla presenza in chiesa di uno strano tipo vestito da soldato spagnolo; questi, al passaggio degli sposi, sorrise alla ragazza e le fece l'occhiolino. Il marito, ingelosito, lo affrontò e lo colpì ad un occipite con un pugno. Tornata dal viaggio di nozze, la giovane si recò subito al cimitero per ringraziare il suo teschio e lo trovò con una delle orbite completamente nera. Si gridò al miracolo e la “capuzzella” in questione fu indicata come il “Teschio del Capitano”. In seguito, gli furono attribuiti anche altri miracoli.
Fonte: "comune.napoli.it"
Fonte immagine: "vesuviolive.it"