La Chiesa di Sant’Aspreno al Porto, inglobata nel fianco del Palazzo della Borsa, è nota anche come Chiesa di Sant’Aspreno dei Tintori, dagli artigiani che abitavano nel quartiere. I progetti del Risanamento di Napoli, alla fine del’800, prevedevano che dove sorgeva il tempio fosse eretto il nuovo Palazzo della Borsa. I progetti furono poi modificati, ottenendo la riduzione dell’ampiezza della strada e che gli ambienti della Borsa fossero ridisegnati, realizzando un vestibolo all’ingresso dove collocare le colonne del demolendo chiostro. Anche la pianta della Chiesa fu modificata e dell’antica struttura dell’VIII secolo d.C. non rimase più nulla, se non l’ipogeo e alcuni elementi artistici e archeologici già presenti. Di modeste dimensioni, l’edificio di culto ha una semplice pianta a croce latina, con un piccolo transetto e una cupoletta decorata con stucchi neoclassici. La cappella ospita alcune colonne antiche prelevate dal chiostro di San Pietro ad Aram. In questa zona, ritenuta parte di un complesso termale d’epoca imperiale, si trovano anche resti di strutture paleocristiane, come l’altare, una pietra circolare che aveva funzione di fonte battesimale e l’acquasantiera ricavata da un’urna cineraria romana. Ai piedi dell’altare è presente una grata, che copre l’apertura ricavata durante il restauro del XVII secolo per dar luce all’ipogeo. È questo un ambiente rettangolare che dovrebbe risalire al VI secolo d.C. e che presenta un sedale lungo le pareti ed un altare racchiuso da un recinto. Le decorazioni a drappeggio, ancora ben visibili sulla parete, dovrebbero risalire alla stessa epoca, ispirate a modelli romani. Una scala porta all’ipogeo, che viene chiamato cripta o sacello di Sant’Aspreno. È un ambiente a botte appartenuto ad un edificio termale romano di età imperiale, dove è conservato un altare rupestre dell’VIII secolo. Sull’altare maggiore è visibile il busto del Santo, ornato da ex voto in cui si tratta prevalentemente di teste. Secondo una tradizione popolare, Sant’Aspreno, primo Vescovo della nascente comunità cristiana di Napoli (I-II secolo d.C.) e dopo San Gennaro il secondo dei 47 Patroni della città, guariva emicranie e cefalee: molti attribuivano questa sua dote miracolosa al fatto che fu decapitato a causa della sua conversione, mentre altri la associavano al suo modo di fare penitenza e cioè mettendosi una pietra sul capo. I devoti tormentati dall’emicrania usavano accostare la testa dolente nell’ampio foro alla base dell’altare rupestre, pare con immediata scomparsa dei sintomi. Nella stessa cappella, una serie di affreschi documenta Aspreno che guarisce un’inferma dal mal di testa, sana un devoto affetto da artrite mentre, in un’altra scena, libera un malato dalla nefrite. Queste virtù taumaturgiche del Santo sembrano corrispondere perfettamente allo spettro farmacologico di un comune farmaco detto “Aspirina”. Alcuni affermano che nel 1899, una notissima azienda chimica e farmaceutica della Germania, si ispirò al Santo per dare il nome al nuovo farmaco, in quanto fu proprio un napoletano, Raffaele Piria, ad isolare l’acido salicilico.
Fonte: "napoliflash24.it"
Fonte immagine: "youreporter.it"