La Chiesa di San Pietro a Majella, eretta tra la fine del XIII e gli inizi del XIV secolo, costituisce un episodio interessante per la sua aderenza a quelli che furono i caratteri peculiari dell'architettura religiosa di epoca angioina. Sorta per iniziativa di Giovanni Pipino di Barletta, Cavaliere e Maestro Razionale della curia ai tempi di Carlo II d'Angiò, la Chiesa fu dedicata a quel Pietro Angeleri di Morrone, eremita della Maiella, salito al pontificato nel 1294 col nome di Celestino V e canonizzato poi nel 1313. Alla realizzazione del complesso religioso, che comprendeva anche un Convento per i Frati dell'ordine dei Celestini, fondato dallo stesso eremita, contribuì a partire dal 1314 con cospicue donazioni la stessa famiglia reale angioina alla quale la Chiesa fu molto cara. L’edificio primitivo era più piccolo di quello attuale e precisamente terminava alla terza cappella laterale; la corte fu inglobata nel successivo ampliamento, iniziato nel 1493 e terminato nel 1508. Pare che sia stata anche rifatta la navata centrale, rispettando tuttavia le linee della primitiva architettura caratterizzata da una interpretazione tipicamente locale del gotico francese. Il diverso tipo di copertura tra la navata centrale e quelle laterali determinò la forma singolare del pilastro: piatto nella faccia rivolta alla navata principale, con semicolonna addossata verso le navate minori per consentire il raccordo con i costoloni delle volte. I pilastri che fiancheggiano le cappelle sono invece caratterizzate dall'insolito cromatismo dovuto all'alternarsi dei conci di tufo e dei filari di mattoni. L'abside si presenta a pianta rettangolare, con crociera costolonata e monofora ogivale, fiancheggiata da due cappelle per lato. Degli affreschi che probabilmente coprivano tutte le pareti della Chiesa primitiva rimangono interessanti testimonianze di quel filone della pittura napoletana trecentesca determinatosi dopo la venuta di Simone Martini e Giotto. Da esso discende: il ciclo di affreschi delle “Storie della Maddalena”, nella seconda cappella a sinistra del presbiterio, attribuito al Primo e Secondo Maestro della Bible Moralisée e giudicato anteriore al 1354; la “Madonna del Soccorso”, sul pilastro tra la prima e la seconda cappella, fatta risalire ai primi del ‘400. Sulle pareti della seconda cappella a destra del presbiterio si svolge infine un altro ciclo di affreschi, con “Storie di San Martino” del Maestro della Cappella Leonessa (1355-60). Da ammirare il bel pavimento quattrocentesco a mattonelle smaltate, della prima cappella a sinistra del presbiterio. Ai lavori di ampliamento risalgono elementi di gusto prettamente rinascimentale, come il bel portale (1508) che dal transetto conduce nel chiostro, ornato con colonne scalanate ed intagli naturalistici. Al 1600 risale invece il grande portale d'ingresso della Chiesa, realizzato dalla Principessa di Conca Giovanna Zunica, per adempiere ad un voto, e che rivela le tipiche forme del barocco napoletano. L'interno del tempio fu arricchito, alla metà del ‘500, dal bel coro ligneo intarsiato e nel 1645 dall'altare maggiore in marmi policromi e tarsie di pietre dure, realizzato dai carraresi Bartolomeo e Pietro Ghetti. La balaustra dell'altare è stata invece attribuita a Cosimo Fanzago. Tra il 1651 ed il 1667, vi fu un rifacimento barocco che rivestì l'interno di stucchi, ridusse a quadrate le finestre ogivali e sostituì l'antico soffitto a capriate lignee, dipinte con l'attuale a cassettoni dorati ed ornato dalle tele di Mattia Preti. Il soffitto, che rimane uno dei più rappresentativi esempi della pittura italiana del ‘600, presenta sulla navata, in una alternanza di pannelli rotondi e rettangolari, “Storie della vita di Celestino”, mentre in corrispondenza del transetto i pannelli rappresentano “Episodi relativi alla vita di Santa Caterina d'Alessandria”. Nel 1927, furono compiuti i lavori per riportare alla luce la struttura angioina, rimuovendo orribili interventi effettuati nel XVIII e XIX secolo sulla primitiva architettura e restituendo alla Chiesa alcune opere d'arte di cui si è arricchita nel tempo; tra gli autori maggiori: Giovanni da Nola, Massimo Stanzione e Francesco De Mura. Sul fianco sinistro del tempio si erge il bel campanile a pianta quadrata terminante, al di sopra dei quattro ordini scanditi dai massicci tori marcapiano, con una cella campanaria ottagona. Il portale che si apre nel basamento, non presentando caratteri gotici, è stato datato agli inizi del Quattrocento.
Fonte: "nartea.com"
Fonte immagine: "arte.it – flickr.com"