La Chiesa, detta anche di San Michele a Port’Alba o di Sant’Arcangelo al Mercatello, venne costruita nel 1620 con il nome di Santa Maria della Provvidenza, per poi essere rifatta nella prima metà del XVIII secolo da Domenico Antonio Vaccaro, dietro incarico della Congregazione dei Settantadue Sacerdoti, obbligati dal Cardinale Francesco Pignatelli nel 1729 a lasciare i locali della Parrocchia di San Gennaro all’Olmo. La Chiesa si presenta come un vano rettangolare fiancheggiato da due cappelle, allungato in seguito alle acquisizioni di suolo, da parte della Congregazione, di alcuni palmi della casa di Giovanni Faraldo, e una cameretta di Ferdinando Sanfelice. La cupola, squarciata da otto finestre che segnano la superficie, consente alla luce di penetrare e diffondersi in corrispondenza della planimetria delle due cappelle e del transetto, illuminando anche lo spazio absidale. Mirabile ispirazione berniniana ripresa anche per il Palazzo Abbaziale di Loreto, scrive il Mormone, aggiungendo che la cupola è avvolta come da cornici mistilinee e carnose carezze, culminanti nei cherubini ad ali spiegate. L’allestimento e le decorazioni dell’epopea barocca di Vaccaro confermarono il genio e la bizzarrìa delle sue opere, ed il suo aspetto oggi può soltanto esser immaginato sulla scorta dei pochissimi fregi ottocenteschi sopravvissuti al restauro di Nicola Galeota. Di Domenico Antonio Vaccaro sono gli altari minori laterali e l’altare maggiore in marmi policromi e commessi, quest’ultimo incastonato tra le sfarzose decorazioni dell’abside, attribuite a Nicola Tagliacozzi Canale. Qui troviamo, in basso, il dipinto di Giuseppe Marullo (XVII secolo), raffigurante San Michele Arcangelo che fa precipitare Lucifero sulla Terra, mentre in alto, un quadro circolare con la Madonna e il Bambino. Ai lati del transetto, invece, sono sempre del Vaccaro i dipinti raffiguranti Sant’Irene che protegge Napoli (a sinistra), e Sant’Emidio (a destra). Sulla volta, gli affreschi sono opera di Lucio Sabile (XIX secolo). Nella sagrestìa sono conservati arredi ottocenteschi, due inginocchiatoi in noce di Nunzia Tancredi (1772), e un lavabo in marmi policromi e commessi del 1580.
Fonte: "storiacity.it"
Fonte immagine: "panoramio.com"