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Chiesa di San Giovanni a Carbonara

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Descrizione

È una tra le chiese più ricche di opere d’arte di Napoli. La Chiesa di San Giovanni a Carbonara fu realizzata grazie a un nobile, Gualtiero Galeota, che tra gli anni 1339 e 1343 donò ai Padri Agostiniani il suolo fuori le mura urbane, chiamato “ad carbonetum” perché nel Medioevo era un luogo destinato a raccogliere i rifiuti fuori dalle mura cittadine. Con l’arrivo a Napoli di Re Ladislao di Durazzo ebbe inizio un completo rifacimento della Chiesa, che assunse sostanzialmente l’aspetto attuale, salvo alcune modifiche ed aggiunte dei secoli seguenti. L’importante ingresso è costituito da una scala monumentale realizzata nel 1707 da Ferdinando Sanfelice, che risolveva con una doppia rampa in piperno il problema dei dislivelli fra la strada e i diversi ingressi degli edifici che formano la complessa struttura architettonica. La scala, infatti, nasconde l’ingresso alla sottostante Chiesa della Consolazione a Carbonara; il portale centrale introduce alla Cappella di Santa Monica, quello di sinistra all’ingresso laterale della Chiesa di San Giovanni. La struttura originaria della Chiesa di San Giovanni (a croce latina) prevedeva una semplice navata centrale, che culminava in un’abside con le volte a crociera, inondata di luce da due finestroni laterali. In quest’abside, la Regina Giovanna II decise di omaggiare la memoria del fratello Ladislao, costruendogli un monumento funebre di circa 18 metri d’altezza. La struttura sembra sorretta da quattro enormi statue, le quattro virtù teologali: temperanza, fortezza, prudenza e magnanimità. Il piano centrale è dominato da Ladislao e Giovanna, che sembrano ricevere la benedizione di un sovrano a loro superiore (terzo piano); il culmine del monumento è la statua di Ladislao a cavallo, completo di armatura e con spada sguainata: una rappresentazione inusuale in un luogo di culto. Alle spalle del mausoleo, c’è la Cappella Caracciolo del Sole, con il monumento di Sergianni Caracciolo, grande siniscalco e amante della Regina Giovanna. Particolarmente suggestiva grazie alla scelta di pavimentarla con maioliche di colore bianco e blu, le mattonelle s’intrecciano creando disegni a forma di otto, numero massonico. Altre cappelle, quali quelle dei Miroballo, dei Somma e dei Caracciolo di Vico, sono ricche di statue e importanti monumenti sepolcrali. Anche in questo caso non mancano i richiami espliciti alla Massoneria: Satiri, Pigne, il classico occhio all’interno del triangolo, simbolo di Libertà, Eguaglianza, Fraternità, A Gloria Del Grande Architetto dell’Universo (A.G.D.G.A.D.U.). Ed ancora l’aquila, l’unico animale in grado di fissare il sole. Le pareti presentano affreschi della scuola di Giotto, che rappresentano scene di vita monastica e la nascita della Vergine. Tra le altre cose notevoli da citare, “La Crocifissione” del Vasari, oggi nella sacrestìa, il pregevole altare maggiore e la balaustra, realizzati da Giuseppe Sanmartino (1746), e la cappella Recco, che ospita un presepe del 1400, inizialmente fornito di 45 pastori originali.
Fonte: "vocedinapoli.i - napolidavivere.it"
Fonte immagine: "napolidavivere.it - mefrm.revues.org"

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