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Chiesa di San Carlo alle Mortelle

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Descrizione

Opera voluta dai Padri Barnabiti, su disegno di Mazenta del 1656, direzione dei lavori affidata a Giovan Cola Franco prima e all'Ingegner Picchiatti poi, la Chiesa risulta inglobata nel cuore di un lotto residenziale di case e palazzi che stanno proprio a ridosso della collina soprammare. Resta l'unica Chiesa aperta da un gruppo di Chierici Regolari su tutta l'area del Poggio alle Mortelle, in un tempo in cui si videro sorgere chiese e conventi di più scarsa architettura, affidate ai religiosi degli Ordini mendicanti. Si presenta a navata unica, con asse longitudinale prominente e tre cappelle laterali per lato, dette “sfondate e passanti” perché creano un ambiente con copertura propria, indipendente da quella dell’aula. Inoltre, i vani laterali sono coperti da volte a botte impostate sui setti murari che separano le singole cappelle; piccole aperture presenti negli stessi setti rendono le cappelle comunicanti (“passanti”) tra loro e con il presbiterio. La cappella centrale risulta essere la più ampia e la più alta, in netta formazione di una pianta detta “a quinconce”. Tra la navata e l’aggancio al presbiterio, tra l'altro profondamente ammodernato dopo gli eventi del sisma del 1688, subito prima dell’arcone che introduce alla tribuna, l’Architetto barnabita inserì, come una pausa, una campata di lunghezza uguale al modulo di una cappella, nella quale trovarono posto le due cantorie e gli ingressi laterali, che collegavano la Chiesa da un lato al collegio e dall’altro alla strada pubblica. L’altare maggiore avrebbe dovuto trovare posto al centro della tribuna, con alle spalle un ampio coro poligonale, mai terminato. Placato il flagello peste nel 1656, l'illustrissimo Ingegner Francesco Antonio Picchiatti, figlio del celeberrimo Architetto Bartolomeo, avanzò nell'Ordine di rimaneggiare interno ed esterno della stessa Chiesa. Diverse voci attenderanno al lavoro di messa in opera della facciata, che verrà completata solo nel tardo 1700 su progetto del Vecchione; Giuseppe Scarola e Domenico Catuogno provvederanno agli stucchi e alle decorazioni deformi, ottenute in un primo momento dalla pia opera del Pini. Nella cappella laterale che oggi orna l'altare maggiore, è visibile il paliotto in marmi in pietre dure e madre perla, realizzato dal Converso Barnabita Marcello Zucca. Non più tardi del 1743, Enrico Pini, allievo saggio e generoso di Ferdinando Sanfelice, completerà il registro inferiore della Chiesa ispirandosi alla facciata settecentesca della Chiesa dei Minori Conventuali, in via dei Tribunali. Giuseppe Scarola decorerà con pregevoli stucchi il nuovo prospetto, mentre le statue dei santi barnabiti collocati sul frontale sono opera di Domenico Catuogno.
Fonte: "storiacity.it"
Fonte immagine: "infoturismonapoli.it"

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