Nel 1602 ebbe inizio, in una zona detta “Cupa S. Antonio”, la costruzione di una Chiesa dedicata a San Carlo Borromeo. I lavori, inizialmente finanziati da Silvestro Cordella, furono completati grazie alle elemosine raccolte da Don Giovanni Longo, rettore della Chiesa in via di costruzione, e le fu dato il nome di “San Carlo Maggiore”. Nel 1621, il tempio fu concesso all’ordine dei Cistercensi Riformati, che ne decise la riedificazione in un luogo diverso. Il progetto della nuova Chiesa fu affidato al Domenicano Fra’ Nuvolo (Giuseppe Donzelli), che adottò una pianta ellittica, con sei cappelle laterali, coperta da un’ampia cupola. I lavori cominciarono nel 1626 ma proseguirono con molta lentezza, a causa dell’opposizione dei vicini, dei costi e delle difficoltà tecniche legate alla costruzione della grande cupola; quest’ultima fu costruita solo nel 1680, dopo la morte di Fra’ Nuvolo. L’inaugurazione avvenne nel 1700, ma i lavori per la facciata continuarono fino al 1756. Nel frattempo, i Cistercensi Riformati avevano innalzato un altro edificio sacro dedicato allo stesso Santo; per distinguere le due chiese, una fu denominata “alle Mortelle”, l’altra “all’Arena”, per via della natura arenosa del terreno ad essa antistante – anticamente, via Foria era un vallone denominato “Arena della Sanità”, in cui si raccoglievano le acque delle colline circostanti e solo nel XVII secolo assunse l’aspetto definitivo di una strada lastricata -. Nel 1626, alla Chiesa venne affiancato un Convento Cistercense, che vide la costruzione del primo braccio nel 1626, con alle spalle un ampio terreno adibito ad orti e giardini per i Monaci Riformati; il secondo braccio nacque nel 1681 e il terzo venne completato nel 1755. Nel 1792, i Cistercensi furono espulsi e dovettero abbandonare il Convento per lasciare il posto al Conservatorio del Cuore di Gesù che, però, a causa dell’invasione da parte dei Francesi, non ebbe nemmeno il tempo di stabilirvisi, perché occupato da una guarnigione militare; la Chiesa fu utilizzata come fienile e deposito di armi. I gravi danni provocati dal terremoto del 1805 andarono ad accentuare quelli che le strutture avevano subìto durante l’occupazione francese. San Carlo all’Arena visse, dunque, un periodo di abbandono, terminato nel 1836 quando, in seguito ad un voto fatto a San Carlo Borromeo, per ottenerne l’intercessione nel colera del 1836-37, Re Ferdinando II dispose che il Ministero della Difesa cedesse la Chiesa e il Monastero al Comune di Napoli, perché ne curasse il restauro. Il concorso per scegliere il progetto di rifacimento venne vinto da Francesco De Cesare, uno dei più importanti architetti napoletani della prima metà dell’Ottocento: il Convento venne ricostruito, fu innalzato un terzo piano e venne rifatta la facciata della Chiesa, che assunse il suo attuale aspetto neoclassico. Affidato ai Padri Scolopi di San Giuseppe Calasanzio, il Convento divenne il Collegio di San Carlo all’Arena delle Scuole Pie, per curare l’educazione e l’istruzione dei fanciulli poveri della zona. Nel 1861, il Collegio fu occupato dalle guardie nazionali del Generale garibaldino Enrico Cosenz; sei anni più tardi, in base alla legge che incamerava i beni ecclesiastici, fu definitivamente chiuso. La Chiesa, però, restò aperta al culto. L’11 novembre 1923, un incendio notturno provocò danni gravissimi all’edificio di culto: tra questi, la frantumazione del Crocifisso marmoreo di Michelangelo Naccherino, che però si può ancora ammirare, parzialmente restaurato.
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