Si tratta di una delle più rilevanti testimonianze del Rinascimento toscano a Napoli. È conosciuta anche con il nome di Sant’Anna dei Lombardi perché, nel 1799, fu ceduta all’Arciconfraternita dei Lombardi, orfana della sua Chiesa dedicata a Sant’Anna. Venne fondata, nel 1411, da Gurello Origlia, Protonotario del Re Ladislao di Durazzo, e poi affidata ai Padri Olivetani. La Chiesa presenta una pianta tipicamente fiorentina, a navata centrale, una volta barocca a botte cassettonata e cupola. Il gusto tardogotico napoletano rimane grazie all’arco a sesto ribassato, alle sopravvissute finestre sui lati e sull’atrio. La fabbrica fu sottoposta a radicali lavori di ampliamento da parte di Alfonso I di Napoli e ben presto divenne tra le favorite della corte aragonese; nel XVII secolo, fu ritrasformata da Gaetano Sacco. La facciata della Chiesa è composta da un arco in piperino; nell’atrio gotico è conservata l’edicola sepolcrale di Domenico Fontana, costruita nel 1627. La controfacciata ospita lo splendido organo “F.lli Lingiardi di Pavia” (1904) ed un ciclo di affreschi di Battistello Caracciolo, nella parte inferiore invece gli altari gentilizi della famiglia Ligorio (1532) e Del Pezzo (1524), eseguiti dal Da Nola (il primo), e da Girolamo Santacroce (il secondo). All'interno, le cappelle sono cinque a lato, più altre quattro nel presbiterio; quest’ultimo fu aggiunto nel XVI secolo, e vi si trova una vera e propria antologia della scultura del Quattrocento e del Cinquecento. Tra le cappelle spiccano: la “Correale”, con architettura ispirata alla maniera di Giuliano da Maiano, in cui trovano alloggio sculture di Benedetto da Maiano; la “Tolosa”, di Giuliano da Maiano con sculture dei Della Robbia e affreschi di Cristoforo Scacco di Verona; la “Piccolomini”, tra le più riuscite dei modi fiorentini. Nelle altre invece sono presenti tombe della nobiltà napoletana del XV secolo con decorazioni in fresco di Giuseppe Simonelli, di Baldassarre Aloisi, Nicola Malinconico, Francesco Solimena e altri. L’altare maggiore fu eseguito, su disegno di Giovan Domenico Vinaccia, da Bartolomeo e Pietro Ghetti. Ma la più importante impronta del Rinascimento fiorentino presente nella città partenopea è la sacrestìa (nella quarta cappella a destra) interamente affrescata da Giorgio Vasari, con l’assistenza del toscano Raffaellino del Colle; ad arricchirla, pregevolissime tarsie lignee eseguite da Fra Giovanni da Verona nel 1506, e statuette lignee raffiguranti i Santi dell’ordine.
Fonte: "vesuviolive.it"
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