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Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo

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Descrizione

La Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo si trova su via San Biagio dei Librai (Spaccanapoli), cuore pulsante del centro storico della città. La Chiesa è indietreggiata rispetto all’asse viario, l’antico decumano inferiore della città greco-romana, e racconta la storia di una delle sue antiche eccellenze, quella dell’arte della seta. La Chiesa si fa risalire al 1641, anno dell’inaugurazione, e ai consoli della seta, antica arte di grande importanza dal punto di vista economico dal ‘500 alla fine dell’Ottocento, quando la rivoluzione industriale tolse il primato alla città partenopea. I consoli della seta, spostandosi dalla zona Mercato dove ebbero la prima sede, ampliarono il conservatorio già esistente che ospitava le figlie dei tessitori poveri di Napoli. I consoli acquistarono anche il palazzo del Principe di Caserta Acquaviva, per costruire il nuovo conservatorio delle figliuole povere dell’arte della seta (attualmente ospita una scuola) e successivamente il palazzo del Duca Spinelli di Castrovillari (resta all’interno la stradina che separava i complessi, mutato in corridoio del complesso). Il conservatorio si occupava anche del maritaggio delle fanciulle, qui accolte dai 5 ai 14 anni; potevano essere orfane oppure figlie dei vari artigiani dell’arte della seta che non potevano offrire loro un futuro diverso, migliore. Al complesso furono aggregate le chiese di Santa Maria delle Vergini e di San Silvestro, che in un secondo momento assunsero la denominazione di Santi Filippo e Giacomo, protettori dei setaioli e contro le malattie cutanee. Nella cripta venivano sepolti i poveri della Corporazione, vera e propria area cimiteriale che accoglieva i resti con la doppia sepoltura, con la scolatura e seppellimento dei resti, calati dall’alto. La Corporazione è nata a Napoli ufficialmente nel 1477 ed affonda le origini nell’alto Medioevo, ma nasce come Consolato dell’Arte della Seta con tre consoli, un tessitore e due mercanti. Sarà con i re aragonesi che si creerà un ordine al suo interno, che si occupò della abolizione dei dazi doganali e della istituzione di una sorta di impunità iscrivendosi al libro delle arti della seta; venne istituito anche un tribunale. Nello stemma della Corporazione compaiono i tre fili di seta più pregiati. Le statue della facciata della Chiesa, San Giacomo e San Filippo (in basso) sono di Giuseppe Sanmartino, della Religione e della Fede (in alto) sono invece opera di Giuseppe Picano, allievo dello stesso Sanmartino. Grandi affrescatori lavorarono nella metà del’700 al restauro del tempio, voluto per tentare un rilancio dell’arte della seta che iniziava in quel tempo a vivere un declino. Autore degli affreschi della navata è Jacopo Cestaro, con “L’Assunzione della Vergine” e le storie dei Santi Filippo e Giacomo. Vi lavorarono grandi marmorari come Trinchese, Francesco Pagano e Giacomo Massotti alle balaustre, alle acquesantiere e tanti altri pezzi di rilievo. La prima cappella dedicata ai Santi Filippo e Giacomo fu costruita qui; restano tracce di affreschi con la “Traditio Verginis”, “San Gregorio”, “San Girolamo” e i Santi titolari della Chiesa, nel registro superiore una crocifissione. L’edificio di culto ospita anche i resti di San Nostriano, Vescovo molto amato dai napoletani. L’antica sacrestìa settecentesca conserva il vecchio altare maggiore, rimasto in Chiesa fino al 1757, quando fu sostituito da quello marmoreo. Si tratta di un lavoro di Marco Antonio Tibaldi, maestro intagliatore e mobiliere del Settecento, forse su disegno di Domenico Antonio Vaccaro. Quello che ha di unico è la prospettiva: non va in profondità ma corre ai lati, prende l’occhio del visitatore e lo abbraccia. La tela su di esso è invece attribuita a Fabrizio Santafede. Resta anche un trono ligneo, con lo stemma della Corporazione. Infine, dal cortile interno della Chiesa, si possono raggiungere ritrovate testimonianze della Napoli cinquecentesca e romana, con una pavimentazione a spina di pesce e mattoni, il piano di calpestìo del palazzo del Duca di Castrovillari, un tratto di muro in “opus reticulatum” e probabilmente resti di una “domus”. Visite guidate sono curate dall’Associazione “Respiriamo Arte”.
Fonte: "ecampania.it"
Fonte immagine: "nationalgeographic.it"

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