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Cattedrale San Gennaro ad Antignano

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Descrizione

È la Basilica patriarcale di diritto pontificio San Gennaro ad Antignano, una delle tre chiese sulla collina del Vomero ad esser dedicata al Patrono principale della città di Napoli; delle tre è la più antica. È conosciuta anche come Chiesa di San Gennariello, oppure “La Piccola Pompei al Vomero”, per la presenza sulla parete centrale di un ovale racchiuso in una cornice fastosa di manifattura ottocentesca, ritraente la “Madonna di Pompei”, opera del Frate minore conventuale Stefano Macario, del 1945, replicata per devozione in una edicola da parte di Armando Romeo, sistemata tra la porta principale e quella secondaria. L’ovale oggi sta incassato nello spazio un tempo occupato dal dipinto della “Vergine Immacolata tra San Gennaro e San Raffaele”, con molti angeli di cui uno, in ginocchio, offre una bellissima rosa alla Madonna, e che attualmente sta alla parete sinistra dell’altare maggiore. La Chiesa è sorta nell’area un tempo occupata da una cappella settecentesca, ancora dedicata a San Gennaro, fatta abbattere nel biennio 1895-1897 nonostante fosse stata dichiarata monumento nazionale da Vittorio Emanuele II. Tradizione vuole che, la cappella fatta abbattere, sarebbe stata realizzata il 13 aprile di un arco temporale compreso tra il 413 ed il 431 d.C., e che sia stata la prima Chiesa napoletana ad aver ospitato le reliquie di San Gennaro, nel tragitto segnato per la traslazione delle Ampolle, non ancora attaccate alla teca angioina, da Fuorigrotta seguendo la via Antignana (in alternativa alla Grotta di Virgilio Mago) fino alle Catacombe della Sanità, e quindi che sia questa la prima sede napoletana dove sarebbe avvenuto il fenomeno della liquefazione del sangue di San Gennaro. L’attuale fabbrica si presenta di dimensioni modeste, ed un’architettura ancora riferibile al Settecento, specie per le due acquasantiere poste all’ingresso, recanti all’apice della vaschetta mitra e pastorale, simbologia ricorrente per le versioni sulla figura di San Gennaro. La cupola è anticipata da un numero considerevole di pilastri. Tutta la Chiesa fu restaurata nel 1974, con modifiche strutturali operate con finto marmo, molto uso dell’oro e l’altare maggiore impiantato in direzione del popolo. Solo nel 1976 furono condotti lavori di ammodernamento ai locali sotterranei, utilizzati come ipogei e restituiti in seguito per localizzarci l’Opera Pia dell’Apostolato Convenutale. Ai lati dell’altare maggiore si conservano due bassorilievi in marmo, precedenti al restauro del 1974, ritraenti l’uno il “Martirio di San Gennaro” e l’altro la “Glorificazione del Santo”. A destra dell’altare maggiore si trova un dipinto raffigurante il “Beato Bonaventura da Potenza”, di Frate Macario (1962). Gli affreschi della cupola e dei pennacchi sono di Vincenzo Galloppi, e rimontano tutti al 1926. Le scene, assai suggestive, ritraggono la sequenza ordinaria di apologetica francescana: “San Bonaventura da Bagnoregio che impartisce lezioni di teologia ai suoi frati”; il “Beato Bonaventura da Potenza che prega davanti alla Madonna”; “Sant’Antonio da Padova che predica agli eretici di Forlì”; “San Giuseppe da Copertino in estasi dinnanzi alla Madonna Immacolata”. Ed ancora, al di sotto dell’arco destro, si osserva “Sant’Antonio con la giumenta che si inginocchia innanzi al Santissimo”, e sulla parete opposta “Santa Chiara d’Assisi che riceve l’abito della clausura dall’amatissimo San Francesco”. Nel 1937, il benefattore Luigi Corvino donerà all’impianto chiesastico una stanza, oggi adibita all’uso espositivo di quadri e statue.
Fonte: "storiacity.it"
Fonte immagine: "larampa.it - commons.wikimedia.org"

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