Attualmente (2017), il Castello di Caiazzo si presenta in veste ottocentesca ed è di proprietà dei signori De Angelis, che risiedono nella dimora per brevi periodi dell’anno. La fortezza fu edificata nel IX secolo dai Longobardi, che utilizzarono l’impianto dell’antica “Arx romana”, sfruttando la conformazione della collina. Il feudo apparteneva a Teodorico, Conte di Caiazzo, per poi passare a Landolfo nell’anno 982. In epoca normanna, il primo Conte di Caiazzo fu Rainulfo Querrel Drengot e in questo periodo il nucleo castellare longobardo fu trasformato e rinforzato con l’aggiunta di strutture a Sud-Est e a Sud-Ovest. Una pergamena datata 1256 riporta la costruzione della torre maestra, avente la funzione di potere politico. L’avvento degli Svevi e la politica di Federico II trasformò la struttura in una vera e propria amministrazione castellare, gestita da uomini fedeli all’Imperatore, tra i quali Pier Delle Vigne, insigne poeta e diplomatico. Il sovrano prese molto in considerazione la città e la incamerò nel Regio Demanio, inserendo il Castello tra i “castra exempla”. Furono rafforzate le mura, fu aggiunto un ponte levatoio e furono rinforzate le torri. Federico II, in occasione della liberazione di Caiazzo dalle truppe pontificie guidate da Giovanni Brienne, soggiornò nella fortezza, in un ambiente adiacente alla torre e, da allora, tale sala è detta “Camera dell’Imperatore”, ancora oggi inalterata nell’arredamento. Nel 1269, con l’avvento degli Angioini, il feudo passò a Guglielmo Glinette e fu adoperata un’ulteriore risistemazione della fabbrica: all’interno furono modificate le sale al primo piano, dove erano collocati ambienti di servizio, con archi ogivali in tufo grigio tipici del periodo. Molto più originali e suggestivi sono gli ambienti sottostanti, all’epoca adibiti a deposito. Nel 1442, gli Aragonesi divennero i nuovi padroni del Regno meridionale e, con la scoperta della polvere da sparo, il precedente sistema difensivo medievale fu messo in crisi. Furono ispessite le mura del corpo principale della fortezza per l’uso dei cannoni e furono sostituiti i merli ed i merloni. Questa dimora fu particolarmente cara al Re Alfonso d’Aragona, che vi soggiornò con l’amata Lucrezia d’Alagno, futura Contessa di Caiazzo; pare che il locale preferito dai due fosse la torre maestra, tanto che ancora oggi essa è chiamata la Torre di Lucrezia. Un grande ambiente di forma rettangolare collega il corpo del Castello al mastio, articolato su tre livelli: originariamente adibito a cisterna, il primo livello ha visto in epoca moderna la realizzazione di una porta, per accedere direttamente al cortile; il secondo livello, coperto da volte a crociera, è diviso in diversi ambienti ad uso residenziale e vi si accede mediante una porta sopraelevata, alla quale si giungeva attraverso una scala esterna, sostituita in seguito dalla terrazza che la collega agli altri corpi di fabbrica; per accedere al terzo livello, si usa una scala interna in muratura. Questo piano è caratterizzato, come il livello sottostante, da ampie finestre per evidenziare il carattere residenziale. La torre è sormontata da una copertura, dove erano posti apprestamenti difensivi per armi da fuoco. Dagli Aragonesi in poi, la storia del Castello è strettamente connessa alle vicende del Regno di Napoli. All’età di sessantaquattro anni, Alfonso I d’Aragona morì lasciando il Regno al figlio Ferrante. Lucrezia, non fidandosi del nuovo Re, aderì alle sommosse ma Ferrante si impossessò della contea, precedentemente venduta per 15 mila ducati alla Contessa d’Alagno con il consenso del Re, quindi la affidò a Roberto Sanseverino. Nel 1501, il feudo passò a Ferrante d’Aragona, fratello del Re, ma nel periodo vicereale, nel 1507, la contea passò di nuovo ai Sanseverino. L’ultimo discendente della famiglia vendette il feudo a Matteo De Capua, Principe di Conca. Fu in questo periodo che Giovan Battista Marino, segretario dei De Capua, compose nella fortezza caiatina il famoso “Adone”. Nel 1615, il feudo fu venduto a Bardo Corsi, patrizio fiorentino, capostipite della famiglia che resse la città col titolo di Marchese per oltre due secoli. Si conserva ancora lo stemma araldico, posto all’ingresso del Castello, costituito da una croce rossa con quattro gigli d’oro su fondo azzurro, sormontata da una corona. Di particolare interesse sono le mani congiunte, simbolo della città ai tempi dell’Imperatore Nerva, ed il motto “TA PRO”: secondo Melchiori, storico caiatino, la scritta è l’abbreviazione di “Coronata Protide” (Coronata per Fedeltà), secondo altri studiosi è un’abbreviazione di “Tingendo Prodeunt” (Toccando si Avanza). L’ultimo erede della famiglia Corsi fu Francescantonio che, nel 1836, vendette l’edificio al Signor Giuseppe Andrea De Angelis per 150 mila ducati ed il mobilio per oltre 1000 ducati.
Fonte: "deanotizie.it"
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