In origine, a Montefusco, i Longobardi eressero un castrum, a pianta quadrangolare. Si trattava di una struttura difensiva cinta da mura che, successivamente, venne ampliata e rafforzata dai Normanni. Questi ne fecero, tra il XII e il XIII secolo, soprattutto per la sua posizione strategica, uno dei centri fortificati e amministrativi più importanti dei loro domini. Il Castello fu assediato dalle truppe mercenarie saracene, assoldate da Manfredi di Svevia. Dagli Svevi, Montefusco fu donato, tra la fine del XIII secolo e la prima metà del XIV, al Conte di Ariano Enrico de Vaudemont, ad Amerigo de Souz e infine a Roberto de Cabano. L'Imperatore Federico II fece eseguire lavori di ristrutturazione al fortilizio, che fu così elevato a Castello imperiale. Con gli Angioini, Montefusco fu proclamata in perpetuum terra demaniale e regia. Dopo la loro caduta, il Castello passò nelle mani di alcune famiglie aragonesi e proprio in questo periodo, l'originario fortilizio vide un mutamento della sua destinazione d'uso, con gli Aragonesi che lo trasformarono in Tribunale della Regia Udienza Provinciale del Principato Ultra, di cui nel 1581 Montefusco divenne capitale. Un'ulteriore trasformazione avvenne sotto Ferdinando II di Borbone, che, nel 1851, adibì la struttura a carcere politico per i patrioti antiborbonici. Il Carcere borbonico di Montefusco, la cui parte settentrionale venne ricavata nella roccia, fu tristemente famoso per la durezza del trattamento riservato ai prigionieri, tanto da essere definito lo “Spielberg d'Irpinia”. A quell'epoca si diffuse un detto: "Chi entra a Montefusco e ne esce vivo, è come fosse rinato!". Ed è facile cogliere l'ironia del detto, visto che i sopravvissuti del Carcere ne uscivano in condizioni disastrose.
Fonte: "museodeicastelli.it"
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