Nel corso del XVI secolo, in pieno spirito da Controriforma, due gentiluomini napoletani, Leonardo de Palma e Aurelio Paparo, avevano istituito in città il Monte di Pietà che, a scopo benefico, concedeva prestiti su pegno senza fine di lucro, per combattere l’usura. La storia del Monte di Pietà diventa ad un tempo cronaca della nascita del Banco di Napoli, che affonda le sue radici più antiche e nobili in questa cintura di salvataggio per folle di poveri e diseredati. Fondato nel 1539, il Monte di Pietà ampliò in modo esponenziale la sua attività e questo dato impose l’acquisto dell’antico Palazzo di Girolamo Carafa dei Duchi di Andria, nel cuore del decumano inferiore, uno dei tratti di strada più intensi ed espressivi dell’antica Spaccanapoli. Il completo restauro dell’edificio ed il progetto per la realizzazione dell’annessa Cappella vennero affidati all’Architetto e pittore Giovan Battista Cavagna. A scorrere l’elenco delle maestranze coinvolte, sui Libri di Casa ancora oggi conservati presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli, si delinea la storia architettonica della città fra il XVI ed il XVII secolo. La prima pietra della Cappella venne posata il 20 settembre 1598: con grande senso della scenografia, la facciata si apre sul lato breve dell’ampia corte interna del Palazzo. Di impostazione rinascimentale, il prospetto è scandito da quattro lesene ioniche in marmo: nella campata centrale si apre il portale in marmo rosso sormontato da una finestra; nelle due nicchie delle campate laterali, le statue della “Carità” e della “Sicurtà”, opere di Pietro Bernini del 1601. Gli orfani, eterno simbolo della marginalità e del dolore di una società, rappresentati come piccoli bambini nudi o appena coperti da stracci lacerati, si tengono attaccati con la forza della disperazione alle vesti di madre Carità, mentre con il coraggio di una rigorosa distinzione la Sicurezza invita a nutrire fiducia. La facciata termina in un timpano triangolare con l’altorilievo della “Deposizione”, di Michelangelo Naccherino. L’effetto-sorpresa dell’entrata nella Cappella è davvero emozionante: un gioiello di eleganza tardo-manierista, all’interno del quale non a caso hanno trovato spazio, con naturalezza e in modo armonico, opere risalenti anche ad altre epoche. L’interno, ad unica navata, si presenta con decorazioni in stucco dorato e una volta affrescata da Belisario Corenzio, tra il 1601 e il 1603, con un ciclo sui “Misteri della Passione”. Alle pareti, sono collocate anche una tela di Ippolito Borghese, in cui è rappresentata “L’Assunta” (1603), un dipinto raffigurante la “Resurrezione”, iniziato da Girolamo Imparato nel 1603 e portato a termine da Fabrizio Santafede tra il 1607 e il 1608 e, dietro l’altare maggiore, un’altra tela dello stesso Santafede, raffigurante la “Deposizione” (1601-1603). Nell’antisagrestìa è collocato il sepolcro del Cardinale Ottavio Acquaviva, realizzato da Cosimo Fanzago nel 1617. La sagrestìa, invece, è ricca di opere d’arte e decorazioni su oro rappresentati allegorie risalenti al XVII secolo, mentre sulla volta si trova un affresco di Giuseppe Bonito, del 1742, raffigurante la “Carità”. Sulla destra si accede alla Sala Cantoniera, che presenta un pavimento maiolicato, diversi affreschi, i ritratti di Carlo III di Borbone e Maria Amalia e una pietà lignea del XVII secolo. Apertura: sabato, dalle 9:00 alle 19:00; domenica, dalle 9:00 alle 14:00. Ingresso libero.
Fonte: "progettocultura.intesasanpaolo.com"
Fonte immagine: "palazzi.abi.it"