La scultura, in granito egiziano, fu trovata nel 1629 fuori la città, oltre il fiume Sabato, nella località Casale dei Maccabei, e fu collocata su un piedistallo davanti a porta San Lorenzo, una delle otto porte dell'antica città. Secondo Enrico Isernia, fu l'egittologo francese Émile Étienne Guimet a considerare la statua una rappresentazione della divinità egizia Api (in particolare la denominazione più corretta sarebbe quella di toro, piuttosto che quella di bue consacrata dalla tradizione), da mettere quindi in relazione con il tempio di Iside eretto dall'imperatore Domiziano nel I secolo. La denominazione fu poi usata dallo storico Almerico Meomartini ed altri. L'aspetto della statua appare abbastanza rozzo: le corna e la fronte sono sbrecciate e deteriorate da fattori atmosferici, le orecchie sono rotte. L'osservazione critica mette in dubbio che essa sia davvero un simulacro del dio egizio. Le mancano infatti i caratteri distintivi del toro Apis: il disco solare fra le corna e l'indicazione del sesso. Inoltre, mentre il materiale, granito egizio rosso, e l'esecuzione plastica concepita in severa regolarità dai quattro lati, sono senza dubbi egizi, lo schema iconografico si differenzia in modo essenziale dalle figure egiziane di tori, nei quali le zampe sono sempre rappresentate in movimento, con la gamba sinistra avanzata. Per il trasporto e l'installazione dell'opera sul luogo attuale, gli operai furono pagati in natura con 1 kg di cipolla ed una pagnotta di pane.
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