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Basilica di Sant'Angelo in Formis

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Descrizione

A metà altezza lungo il declivio occidentale del Monte Tifata, sorge una delle costruzioni più affascinanti dell'arte medievale italiana: la Basilica benedettina di Sant’Angelo in Formis, dedicata all’Arcangelo Michele. Le origini dell’edificio sono tuttora ignote, anche se gli studiosi tendono ad attribuirne la fondazione ai Longobardi, come si deduce dalla dedica e da alcuni elementi, come un capitello a “fibula alveolata” trasformato in acquasantiera. L’edificio appare espressamente menzionato, per la prima volta, in un documento della prima metà del X secolo, con cui il Vescovo di Capua, Pietro I, concesse ai Monaci dell’Abbazia di Montecassino la Chiesa di San Michele Arcangelo, prima detta “ad arcum Dianae” nei documenti coevi, poi “ad Formas” ed infine “Informis”, o “in Formis”. Nel 1065, la Chiesa fu ceduta a Riccardo Drengot, Principe normanno di Capua e Conte di Aversa, affinché questi, desideroso di purificare la propria anima dai peccati di una vita violenta, vi costruisse un cenobio. L’anno successivo Riccardo, avendo constatato con meraviglia come il luogo fosse particolarmente adatto ad ospitare una struttura del genere, concesse al cenobio, da lui stesso costruito, i diritti relativi a diverse sue proprietà. Nel 1072, infine, Riccardo concesse all’Abate di Montecassino, Desiderio, il cenobio con tutte le sue pertinenze. Fu probabilmente proprio in quella occasione che l’Abate Desiderio iniziò la ricostruzione del complesso monastico fin dalle fondamenta. La Basilica fu costruita nel luogo in cui, in età classica, sorgeva un tempio dedicato a Diana, divinità della caccia, alla quale tutto il Monte Tifata, un tempo ricoperto di boschi, era consacrato. Di questo tempio sono stati riutilizzati nell’edificio romanico alcuni elementi, come le colonne, i capitelli (alcuni dei quali parzialmente rilavorati) e gran parte del pavimento in “opus sectile”, integrato con alcuni cocci in epoca medioevale. La parte frontale di un sarcofago strigliato orna l’altare. Lo storico romano Caio Silio Italico favoleggia di una cerva di rara bellezza e candore, nutrita e donata ai capuani da Capvs, mitico fondatore della città, ritenuta essa stessa una divinità ed ancella di Diana; catturata dai soldati romani al tempo della guerra annibalica, fu immolata a Diana dal Proconsole romano Fulvio Fiacco per propiziarsi la vittoria. La leggenda, riportata da Silio, attribuisce mille anni alla cerva e, di conseguenza, antico il culto sui colli a Diana. L’edificio di culto è a tre navate, con quella centrale larga il doppio delle laterali, e segue il modello architettonico benedettino–cassinese con l’abside centrale più larga e più alta delle laterali, tuttavia priva di transetto. Il portale e i capitelli corinzi, situati accanto all’abside centrale e caratterizzati da un fogliame piatto e bidimensionale, sono stati realizzati appositamente per la Chiesa. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che il portico antistante la facciata sia stato ricostruito verso la fine del XII secolo, in seguito al crollo del campanile che, nel modellino stretto tra le mani di Desiderio, raffigurato nell’abside centrale come fondatore, compare sul fianco sinistro dell’edificio. Di grande interesse è il ciclo di affreschi che abbellisce l’interno dell’edificio. L’attenzione del visitatore è immediatamente catturata dal “Cristo Pantocratore”, che giganteggia nel catino absidale, circondato dai simboli dei quattro Evangelisti. Nella fascia inferiore sono, invece, rappresentati i tre Arcangeli (nell’ordine: Gabriele, Michele e Raffaele), affiancati dall’Abate Desiderio a sinistra e da San Benedetto a destra. Anche nell’abside destra l’affresco è diviso in due fasce sovrapposte: in quella superiore vi è raffigurata la “Vergine col Bambino” fiancheggiata da due angeli ai quali si aggiungono, nella fascia inferiore, sei Santi. Lungo la parete di sinistra si possono trovare molte tracce, tra l’altro ben conservate, di un ciclo di affreschi rappresentante episodi del Vecchio Testamento. Sulle pareti laterali della navata centrale sono raffigurati episodi del Nuovo Testamento. Gli affreschi che ornano l’interno della Basilica furono probabilmente realizzati da alcune botteghe locali, che operarono ispirandosi a modelli bizantini. Le figure di Santi, dipinte nei pennacchi delle navate laterali, sono successive all’Undicesimo secolo. Tale ipotesi potrebbe essere confermata dal confronto con i Profeti dipinti nei pennacchi della navata centrale. Risulta, infatti, evidente dal confronto non solo la posizione statica, ma anche la maggiore imponenza di queste figure, che presentano caratteristiche affini agli affreschi che ornano le lunette del portico, la cui realizzazione è datata dagli studiosi tra il XII ed il XIII secolo.
Fonte: "italiamedievale.org"
Fonte immagine: "casertamusica.com"

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