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Basilica di San Pietro ad Aram

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Descrizione

Secondo la leggenda, la Basilica di San Pietro ad Aram è sorta sul luogo, nel cuore della città, dove San Pietro celebrò la sua prima messa. Egli si sarebbe trovato a Napoli di ritorno da Antiochia, mentre si dirigeva a Roma nel 44 d.C. L’Apostolo avrebbe anche battezzato i primi napoletani convertiti: Santa Candida e Sant’Aspreno, quest’ultimo consacrato primo Vescovo di Napoli, come raffigurato in un affresco attribuito a Girolamo da Salerno e custodito nel vestibolo. Si narra, anche, che Santa Candida non abbia mai lasciato la cripta dopo il battesimo. La Chiesa, inoltre, custodirebbe ancora oggi “l’Ara Petri”, ovvero l’altare su cui pregò San Pietro durante la sua venuta a Napoli. Non c’è nessuna prova documentale che il Santo, intento a diffondere il Cristianesimo, sia realmente passato per Napoli, ma di certo intorno a questa leggenda è nato un culto molto forte. L'importanza della Chiesa è attestata dalla decisione di Papa Clemente VII che, nel Cinquecento, le concesse il privilegio di poter celebrare il Giubileo un anno dopo quello di Roma, in modo da evitare un eccessivo affollamento nella capitale e per evitare al popolo napoletano il faticoso viaggio. La Chiesa che vediamo oggi – la sesta più antica di Napoli - è frutto di una ristrutturazione avvenuta nel XVII secolo, là dove sorgeva in effetti una Chiesa paleocristiana sotterranea a tre navate, la cripta accessibile dal transetto sinistro: è per questo che San Pietro ad Aram è stato uno dei luoghi di culto dei morti, come Purgatorio ad Arco e il Cimitero delle Fontanelle. Durante un restauro sono state infatti scoperte delle catacombe, in cui sono stati trovati sette scheletri, probabilmente i primi sette Santi di Napoli, tra cui quello di Santa Candida, conservato sull’altare della quarta cappella a sinistra della Chiesa. Il culto delle Pezzentelle - le anime del Purgatorio - è uno degli aspetti più caratteristici e tutt’ora molto popolare di questo edificio sacro: tra vivi e morti ci sarebbe un patto, uno scambio dove i morti chiederebbero ai vivi di intercedere per la salvezza della loro anima attraverso la recitazione di preghiere, in cambio di protezione e talvolta anche di diverse fortune, tra cui la vincita al Lotto. L’aspetto attuale della Basilica rispecchia il disegno di Pietro De Marino e Giovanni Mozzetta, con la facciata in stile neoclassico. Sebbene l’ingresso principale sia in via Santa Candida, oggi (2017) l’accesso è dal portone laterale su corso Umberto I, caratterizzato da pietra scolpita a motivi di girali vegetali e proveniente dal Conservatorio dell'Arte della Lana, in vico Miroballo, demolito durante i lavori del Risanamento. Nello stesso periodo, cioè a fine Ottocento, i capitelli del distrutto chiostro di età aragonese furono trasferiti nel sacello di Sant'Aspreno, in piazza Borsa. L'interno è a navata unica, a croce latina. Nel vestibolo vi è l'altare in marmo, con iscrizione angioina e colonnine sveve, sormontato dal baldacchino di Giovan Battista Nauclerio. Nella prima cappella di destra, sull’altare, è conservato un bassorilievo raffigurante la “Madonna con le anime del Purgatorio”, opera di Giovan Domenico d’Auria e Annibale Caccavello, mentre la tela rappresentante il “Giubileo” è di Wenzel Cobergher (1594). Nella prima cappella di sinistra, si trova una statua di San Michele Arcangelo, opera di Giovanni da Nola. Nella seconda cappella di sinistra un altro rilevo, opera di Giovanni da Nola e della sua bottega, in cui è raffigurata la “Deposizione”. Nel transetto destro, il dipinto raffigurante “San Raffaele” è di Giacinto Diano, “La Madonna col Bambino e San Felice da Cantelice” è di Andrea Vaccaro, mentre il “Battesimo di Cristo” è di Massimo Stanzione. Nel presbiterio sono due opere giovanili di Luca Giordano: una raffigura i “Santi Pietro e Paolo”, che si abbracciano prima del martirio; l’altra racconta la “Consegna delle Chiavi del Paradiso”. Accanto alla sagrestìa, è posto il monumento funebre di Baldassarre Ricca, eseguito da Giovanni Iacopo da Brescia, nel 1519. Il coro ligneo risale al 1661 ed è opera di Giovan Domenico Vinaccia. Sempre nel coro, si trovano due dipinti: uno raffigura la “Sacra Famiglia” ed è attribuito a Wenzel Coberger; l’altro vede la “Sacra Famiglia nella bottega di San Giuseppe” ed è una copia di Jusepe de Ribera. Nelle altre cappelle, infine, è possibile ammirare opere di Sarnelli, Pacecco De Rosa, Giacinto Diano, Cesare Fracanzano e Nicola Vaccaro.
Fonte: "napolitoday.it"
Fonte immagine: "tournapoli.it - bibliotecauniversitarianapoli.beniculturali.it"

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