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Basilica di San Michele Arcangelo

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Descrizione

Costruita inizialmente intorno al IX secolo su di un tempio pagano, secondo alcuni dedicato a Minerva, secondo altri comunque adibito a necropoli, la Basilica di San Michele Arcangelo rappresenta il luogo intorno al quale, nel tempo, si è sviluppato il borgo di Carotto ed è un vero concentrato di opere d’arte e tesori artistici. Dal 1571 al 1575, sulle rovine del preesistente edificio religioso, la Chiesa venne allungata ed ubicata con un orientamento diverso. In realtà, vi fu una sorta di fusione fra gli edifici della Chiesa di Santa Maria della Neve, di Santa Maria di Monserrato e della piccola ed antica di San Michele. Nel 1688, un terremoto fece crollare il campanile, la cupola maggiore sulla crociera, parte delle navate e della facciata esterna e dunque altri lavori di ricostruzione e restauro furono completati nel 1726. Ad essa è annessa una antica struttura conventuale, che conserva una cappella ed il pavimento in cotto maiolicato dei primi dell’Ottocento. Nel 1886, durante il rifacimento della pavimentazione, fu rinvenuta un’urna funeraria romana di incerta datazione, probabilmente di età imperiale, con la scritta “diis manibus C. Volussi Isochrysi” (Agli Dei, per mano di Caio Volussio Isocriso) ed un bassorilievo con Gesù crocifisso e due figure ai piedi, di epoca bizantina. Nel 1914, la Chiesa fu elevata a Basilica Pontificia da Papa Benedetto XV; furono così collocati lo stemma pontificio e la croce sul vertice del timpano. La facciata è barocca, con monumentale portale cinquecentesco su cui fa bella mostra un affresco raffigurante “San Michele che scaccia Satana”, semicolonne, lesene e trabeazioni, ed è rialzata rispetto ala strada con una scala antistante in pietra. Il campanile risale al XVI secolo, anche se ricostruito in seguito ai danneggiamenti del terremoto del 1688; ha pianta quadrata e tre ordini con orologio ed ultimo ordine a cella campanaria con monofore. L’interno, a tre navate e pianta a croce latina, presenta un pregevole soffitto a cassettoni dorati in cui sono inserite sette tele attribuite a Girolamo Imparato da alcuni studiosi, ai grandi Francesco Solimena e Paolo De Matteis da altri. Queste tele raccontano la vita di San Michele, e comunque fra esse ve n’è una che reca la firma di R. De Crescenzo (“San Michele che appare in sogno al Vescovo di Siponto”) ed un’altra (“L’apparizione del Santo sul Gargano”) che dovrebbe essere del medesimo autore. Il soffitto finisce con la magnifica finta cupola realizzata nel 1729 dall’artista Francesco Saraceni, con l’effigie di San Michele sulla crociera, dove vi sono mattonelle maiolicate verdi e giallo oro; tutta la struttura interna è ricca di stucchi, decori, opere marmoree ed opere d’arte di vario genere. La pavimentazione con disegni ottagonali in marmo sostituì, nel 1886, la pavimentazione in riggiole del XVIII secolo. Il presbiterio presenta una balaustra in marmi policromi intarsiati e trafori, opera settecentesca di Giambattista Antonini, con quattro angeli che recano candele di marmo bianco di Carrara, la cui fattura è attribuita alla scuola di Gian Lorenzo Bernini. L’altare maggiore, sempre opera dell’Antonini, risale al 1705 e custodisce le reliquie dei Santi Giocondino e Felice. Nel 1725, all’altare fu aggiunto il paliotto policromatico guarnito d’oro. Il tempietto sovrastante, collocato sempre nel 1705, custodisce una statua in legno di gelso laminata in oro ed argento raffigurante “San Michele”, dello scultore Giuseppe Maresca, portata da Napoli il 28 maggio 1724. Notevole anche il pulpito marmoreo a sinistra della navata, realizzato nel 1778 da Vincenzo D’Adamo. Vistosa la cantoria con un monumentale organo a canne collocato nel 1642 e modificato dalla ditta Amedeo Petrucci nel XIX secolo e ristrutturato nel 1969 dalla ditta Tamburini di Crema. Poi, sono da menzionare due acquasantiere in marmo settecentesche, ai due pilastri d’ingresso, sempre del maestro D’Adamo e risalenti al 1781, ed un fonte battesimale in marmo del 1766. Molto bella la sagrestìa, posta a sinistra della Chiesa, con volta a botte e tre quadri importanti: “Le Scene della Peste”, del 1656 del pittore carottese Giuseppe Castellan; la “Madonna della Neve”, della scuola di Giovanni Bellini; “San Tommaso che tocca il costato di Gesù”, di Pacecco De Rosa. Diverse sono le cappelle laterali, di origine quasi tutte patronale. Nella navata di destra vi è la cappella dei marinai, con una statua di Santa Maria di Trapani ed un altare, mentre in una nicchia marmorea, dell’artista Vincenzo D’Adamo, vi è la statua di “Sant’Antonino”; poi, la cappella Lauro, con una tela raffigurante la “Madonna del Carmine e San Francesco da Paola” (attribuita alla scuola di Mattia Preti); la cappella Maresca-Serracapriola, con un dipinto raffigurante la “Madonna con Bambino, San Francesco e Santo Stefano”, con il ritratto del donatore Stefano Maresca in abito cinquecentesco (attribuita all’artista Giacomo di Castro) e l’altare del 1606; la cappella dei Mastellone presenta una statua della “Vergine Addolorata” e, sotto l’altare una statua lignea di “Cristo Morto”, sull’altare l’antica grata delle Monache di clausura del Convento di Santa Maria della Misericordia; la cappella del Santissimo Rosario, con un altare in marmo intarsiato del 1577 ed un quadro del 1747 di Francesco Solimena, raffigurante la “Madonna che porge il Rosario a San Domenico”, con quindici quadretti ovali che rappresentano i quindici misteri del Rosario, sostituiti agli originali rubati il 25 marzo 1979; infine, la cappella Massa, con un altare e balaustra del XV secolo e con un trittico trecentesco di Marco Pino da Siena, del 1587, raffigurante la “Crocifissione con Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Antonio Abate”. Nella navata di sinistra, si trovano: la cappella Cota e Cafiero, con pietra tombale del 1618 e con un quadro della “Madonna del Soccorso” tra nembi di angeli, del pittore Fabrizio Santafede (XVI secolo); la cappella dell’Ecce Homo, con un altare del Settecento ed una scultura risalente al XVIII secolo; la cappella del Sacro Cuore di Gesù (famiglia Cacace); dopo l’ingresso della sagrestìa, un’altra dedicata alla Madonna delle Grazie (famiglia Ardia) ed altre due cappelle della famiglia Maresca, con una tela di Ippolito Borghese raffigurante la “Caccia di Sant’Eustachio” la prima, una tela di Giuseppe Cesari raffigurante la “Deposizione di Cristo” la seconda. Presso il presbiterio, sulle pareti laterali vi sono due affreschi del 1872 del pittore Achille Jovine, raffiguranti la “Strage dell’esercito di Sennacherib” (a destra) e la “Battaglia di San Michele contro Lucifero” (a sinistra). L’ultimo abbellimento consistente alla Chiesa e fortemente volute dal Parroco Don Arturo Aiello, poi Vescovo di Teano-Calvi, è rappresentato dalla collocazione delle nuove preziose porte in bronzo all’ingresso centrale ed ai due ingressi laterali, al posto delle vecchie porte in legno. Si tratta di una pregevole trilogia di bassorilievi bronzei del maestro Alessandro Romano, con raffigurazione di Arcangeli, la Trinit ed una miriade di personaggi e figure religiose.
Fonte: "comune.pianodisorrento.na.it"
Fonte immagine: "comune.pianodisorrento.na.it - coraleelpis.blogspot.it"

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