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Basilica del Gesù Vecchio

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Descrizione

La Basilica del Gesù Vecchio è la più antica dell’ordine gesuita fondata a Napoli. Giunti in città nel 1552, dodici anni dopo l’approvazione canonica del nuovo ordine voluto da Ignazio di Loyola, i Gesuiti avviarono l’edificazione della Chiesa nel 1554, su disegno di Padre Pietro Provedi, e venne ultimata nel 1570, grazie al concorso di diversi architetti, fra cui i Gesuiti Giovanni Tristano e Giovanni De Rosis. Il palazzo Carafa, acquisito grazie a lasciti e donazioni, venne opportunamente riadattato per ospitare il primo Collegio napoletano, con alloggi per i Padri Gesuiti e per gli studenti, aule per gli insegnamenti ed ampie aree destinate a sedi delle Congregazioni. Grazie alla tipologia degli insegnamenti impartiti, il Collegio divenne un Collegio Massimo, cioè una Università. La Chiesa tardo-cinquecentesca si presentava a navata unica, con soffitto piano, quattro cappelle laterali e cupola sul presbiterio; aveva un grandioso altare maggiore, ritenuto da alcune fonti la massima realizzazione dell’architettura gesuitica. Nel 1584, mentre si lavorava all’edificazione di una nuova Chiesa e l’annesso Convento dei Gesuiti (la Casa Professa, poi detta di Gesù Nuovo), l’Architetto Gesuita Giuseppe Valeriano forniva disegni e progetti per il rinnovamento totale della vecchia e del Collegio. Il Gesù Vecchio venne riaperto al culto nel 1624, trasformato in un tipico edificio della Controriforma nel suo impianto a croce latina, con quattro cappelle angolari ed abside rettangolare. Il tempio conserva ancora oggi una profonda impronta settecentesca, grazie ai paramenti marmorei delle pareti, all’elegante soffitto in stucco con il monogramma mariano, al disegno degli altari laterali in marmi policromi. Del periodo tardo-manierista rimane soltanto un dipinto su tavola di Marco Pino: una avvitata e rotante “Trasfigurazione”, eseguita dall’artista per un altare laterale (1566-1567). Sono barocche, invece, le splendide “macchine” dei transetti, le grandi cone marmoree realizzate da Cosimo Fanzago, con il cappellone di San Francesco Saverio a destra (pala di Cesare Fracanzano, 1641) e di Sant’Ignazio a sinistra (pala del Solimena). Dopo l’espulsione dei Gesuiti nel 1767, l’edificio di culto mutò il nome in “Santissimo Salvatore”, quasi per cancellare il ricordo dell’ordine fondato da Sant’Ignazio di Loyola, mentre il convento, con l’annesso bellissimo chiostro, divenne sede dell’Università degli Studi (attualmente ospita la biblioteca dell’Istituto). Il chiostro è detto “delle Statue” poiché custodisce numerose statue dedicate a personaggi illustri legati alla città di Napoli, scolpite intorno al 1865: al piano terra si trovano quelle raffiguranti Giordano Bruno, Gian Battista Vico, Tommaso d’Aquino, Pier delle Vigne, Francesco De Sanctis, Giacomo Leopardi, Luigi Settembrini ed altri, mentre sul loggiato sono collocati i busti di Pasquale Galluppi, Gabriele Manthoné, Francesco Caracciolo, Eleonora Pimentel Fonseca, Jacopo Sannazaro, Tommaso Campanella ed altri. Nel 1804, i Gesuiti rientrarono in città e si insediarono temporaneamente nella Chiesa, dopo la definitiva espulsione dal Regno della Compagnia di Gesù, voluta dai napoleonidi nel 1806. La Basilica venne infine affidata a Don Placido Baccher, a cui si deve il ritorno agli antichi splendori, a cominciare dall’articolata sistemazione dello spazio absidale, con angeli in stucco e cartapesta che conducono ad una venerata scultura in legno e terracotta, una "Madonnina" realizzata da Nicola Ingaldi nel 1807. In sacrestìa è da notare la grande pala con la Vergine, che indica il monogramma di Cristo a San Luigi Gonzaga, di Francesco De Mura (metà XVIII secolo). Qui sono conservate anche varie statue destinate alle processioni o all’esposizione in occasione delle rispettive solennità e il bel presepe, anch’esso fatto realizzare da Don Placido. Ogni anno, il primo sabato successivo al 30 dicembre (giorno dell’incoronazione della Madonnina), si celebra il “Sabato privilegiato”, in memoria della promessa fatta dall’Immacolata a Don Placido: “Beati i sacerdoti che celebreranno al mio altare e i fedeli che vi faranno la Santa Comunione il primo sabato dopo la mia Incoronazione”; ancora oggi, la fila per ricevere l’Eucarestia è lunga diverse ore.
Fonte: "youreporter.it"
Fonte immagine: "chiarizia.it - napoligrafia.it"

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