Sull’acropoli di Cuma si apriva una grotta tradizionalmente nota come “Antro della Sibilla”. Quando negli anni ’20 si procedette a una campagna di scavi, la caverna risultò più grande di quanto ci si aspettava, ossia lunga 183 metri, con pozzi luce e cisterne d’acqua. La galleria attraversava in linea retta la collina e venne presto identificata come un’opera militare costruita dal Generale romano Agrippa (circa 63 – 12 a.C.). Nel 1932 fu scoperta una seconda caverna, che gli archeologi ritennero essere quella della Sibilla Cumana. Secondo la leggenda mitologica, la Sibilla era una giovane fanciulla di superba bellezza, di origine greca, che possedeva grandi capacità divinatorie. Un giorno, il Dio Apollo, colpito dalla sua avvenenza, si innamorò a prima vista della fanciulla e per conquistarla le promise che avrebbe esaudito ogni suo desiderio. Sibilla prese un pugno di sabbia dalla spiaggia e chiese ad Apollo di lasciarla vivere tanti anni quanti i granelli che aveva raccolto nella sua mano. Il Dio l’accontentò, ma la fanciulla commise un grave errore: si dimenticò di aggiungere di voler vivere gli anni in eterna gioventù. Col passare degli anni, afflitta dalle malattie e dagli acciacchi, il suo corpo ormai decadente si tramutò in una piccola larva; Apollo, per preservarla dall’incuria del tempo, la collocò in una gabbietta all’interno dell’Antro, finché di lei non rimase che la voce, che profetizzò ancora a lungo gli eventi futuri. Solo un pugno di terra natìa avrebbe spezzato l’incantesimo, permettendole di morire in pace. Al tempio si accede tramite una galleria lunga 107 metri, con 12 brevi passaggi laterali che si aprono sul fianco del colle, da cui filtra la luce. La galleria principale termina in un vestibolo contenente un paio di sedili scavati nella roccia e al di là di essi una camera a volta; forse i visitatori della Sibilla vi si sedevano in attesa di consultarla. Erano probabilmente in uno stato di esaltata aspettativa dato che, durante il giorno, l’alternarsi di fasci di luce e oscurità originati dai pozzi, lungo la galleria, faceva sì che chiunque provenisse dall’interno per condurre i nuovi arrivati al tempio apparisse e scomparisse. Le aperture luminose avevano anche lo scopo di intimidire i visitatori in un secondo modo. Come le fessure osservate in altre camere oracolari, ad esempio a Malta, i fori nella roccia potevano produrre il calcolato “effetto speciale” descritto da Virgilio: “L’immenso fianco della rupe euboica s’apre in un antro: vi conducono cento ampi passaggi, cento porte; di lì erompono altrettante voci, i responsi della Sibilla”.
Fonte: "viaggionelmistero.it"
Fonte immagine: "napolike.it"