Le origini di Pozzuoli hanno antichissime radici affondate nelle pagine dei libri di storia: nel 531 a.C., approdarono presso le coste puteolane alcuni profughi di Samo che, sfuggiti alla tirannide di Policrate, fondarono, con il consenso di Cuma, la città di Dicearchia (in greco “giusto governo”), poi divenuta colonia marittima chiamata Puteoli, quindi Pozzuoli. Arrivata ad essere molto popolosa, fu necessario progettare la costruzione dell’Anfiteatro Flavio: secondo alcuni studiosi, la presenza di muratura realizzata con la tecnica “opus reticulatum”, anche se con laterizi, farebbe pensare a una sua realizzazione dal 37 al 68 d.C. La realizzazione della struttura è stata attribuita agli stessi architetti del Colosseo, mentre altri testi riportano la sua edificazione sotto Vespasiano e la sua inaugurazione probabilmente avvenne sotto Tito. Terza arena per dimensioni del mondo romano, dopo quelle di Roma e Capua, il Flavio di Pozzuoli poteva ospitare fino a 40 mila spettatori, che ivi si recavano per assistere ai “ludii gladiatores”. La facciata esterna, che comprendeva tre ordini di arcate sovrapposte poggianti su pilastri e sormontati da un attico, era in origine preceduta da un portico ellittico impiantato su di una platea di lastroni in travertino, i cui pilastri in piperno erano ornati da semicolonne rinforzate con altri grandi pilastri in laterizio; all’interno dell’arena si accedeva mediante i quattro ingressi principali o attraverso altri dodici secondari. La cavea era divisa in tre livelli di gradinate (ima, media e summa) ed era proprio sugli scalini che si accomodavano gli spettatori. Lungo il perimetro della grande arena (72 metri per 42 metri) e sulla fossa scenica si aprivano le botole, rinchiuse con assi di legno durante i combattimenti. Da qui, le belve feroci facevano il loro ingresso; erano sopratutto tigri e leoni che venivano importate dall’Africa, appositamente per orchestrare i combattimenti con i gladiatori, di solito schiavi o prigionieri di guerra provenienti dai paesi conquistati dai Romani nelle loro campagne militari. Ancora oggi, durante una visita nei sotterranei (posti a circa 7 metri di profondità), è possibile scorgere parti degli ingranaggi e dei sistemi meccanici per il sollevamento delle gabbie, che imprigionavano le fiere, e altri elementi che servivano per le scenografie. L’Anfiteatro Flavio è anche lo scenario dove avvennero i primi miracoli: nel 305 d.C., i martiri Gennaro, Festo, Desiderio e Sossio vennero condannati a essere sbranati, ma le belve si ammansirono.
Fonte: "vesuviolive.it"
Fonte immagine: "vesuviolive.it"