È Arpaia il luogo dove nell'anno 848 avvenne la battaglia tra Radelchi e Siconolfo, figli di Sìcone (+839). Radelchi vi rimase sconfitto. Con l’accordo stipulato l’anno seguente, Siconolfo rimase principe di Salerno con i gastaldati di Forche (cioè di Arpaia), Sarno, Cimitile, Capua ecc, e Radelchi, principe di Benevento, con quelli di Sant'Agata dei Goti, Telese, Alife, Isernia, Campobasso, Bari, Brindisi ecc. Mentre Airola e tutto il resto della valle caudina restò a Radelchi, Arpaia, essendo stata conquistata da Siconolfo con la suddetta battaglia, passò a Salerno. Questa città a quei tempi aveva come protettore San Fortunato. Non fa perciò meraviglia che i salernitani costruissero ad Arpaia, luogo di confine di eccezionale importanza strategica, nel secolo IX o poco dopo, una chiesa in onore del loro patrono. La più antica descrizione dell’abbazia, che siamo riusciti a trovare sinora è quella contenuta in una Platea sul Catasto Generale delli Beni della Badia di San Fortunato del casale delli Paolisi. In chiesa, a destra di chi entra, all'interno, c'era un'iscrizione su marmo che ricordava la sua consacrazione da parte del Card. Orsini. Assieme alle porte della chiesa stessa, anch'essa venne distrutta dagli inglesi alla fine dell’ultima guerra, durante la loro permanenza in quel luogo. Oggi la badia di San Fortunato è ridotta alla sola chiesetta con lo spiazzo antistante, al campanile, e al piccolo orto attiguo. La prima cosa che colpisce lo sguardo del visitatore è l'antica torre campanaria, posta quasi a guardia dell'intera costruzione che le si affiancava da tutti e tre i lati, e insieme ne costituiva anche l’ingresso principale o, forse, unico. Il suo insieme mostra segni evidenti di fabbriche sovrapposte e addossate l’una all'altra attraverso i secoli in occasione di restauri o di rifacimenti. Richiamano particolarmente l’attenzione un meraviglioso arco in tufo giallo a sesto acuto finemente lavorato sul lato orientale, e, specialmente al piano delle campane la bellissima bifora, per quanto semplice altrettanto elegante, e infine all'interno, tra il secondo piano e la cella campanaria, una robusta scala a chiocciola con scalini monolitici di calcare bianco a incastro. Originariamente la cella campanaria presentava quasi sicuramente quattro bifore. Di essa, oltre il campanile, restano ora la chiesetta, posteriore a quella originaria, che certamente doveva essere di assai più ampie dimensioni, alcuni ruderi dietro di questa, e, a livello del pianterreno del campanile, al centro dell'antico cortile ora completamente scomparso, un pozzo con ai lati due colonne di granito situate in direzione est-ovest. Effettuandovi degli scavi un po’ dovunque, specialmente in corrispondenza della piccola abside parzialmente chiusa con un muro divisorio, si potrebbero mettere in luce le reali dimensioni di questa antica badia, e darci indicazioni più precise sulle sue origini e sulle varie vicende della sua vita millenaria.
Fonte: "comune.arpaia.bn.it"
Fonte immagine: "prolocoarpaia.altervista.org"