Le statue equestri in piazza Plebiscito (così chiamata dopo che, il 21 ottobre 1860, un plebiscito aveva decretato l’annessione del Regno delle due Sicilie al Regno di Sardegna) raffigurano Carlo III di Borbone, l’iniziatore della dinastia, e suo figlio Ferdinando I, entrambe con lo sguardo rivolto verso il Palazzo Reale. Furono commissionate per celebrare il ritorno della dinastia borbonica dopo la parentesi napoleonica. La prima fu realizzata interamente da Antonio Canova, che eseguì il lavoro fra il 1816 ed il 1822; di gusto neoclassico, l’opera mostra un destriero di razza Persano, al passo con zampa anteriore sinistra sollevata, bocca aperta, respiro ansante ed occhi dilatati, mentre il sovrano in sella lo frena con la mano sinistra, e regge lo scettro con la destra. Questa scultura, originariamente, doveva rappresentare ben altro soggetto: Napoleone Bonaparte. Infatti, fu commissionata al Canova nel 1806 dal nuovo Re di Napoli e fratello dell’Imperatore, Giuseppe Bonaparte. Canova, sebbene non amante del “monumento equestre”, accettò il lavoro, e quando ebbe finito il modello in creta del cavallo, al trono salì Giocchino Murat (1807), che gli riconfermò la commissione. La fusione in bronzo subì uno slittamento, dal 1813 al 1815, causa rivolgimenti politici. Nel 1816, tornato a Napoli Ferdinando I, il progetto non vide la fine, ma un cambiamento: la sostituzione del cavaliere, da Napoleone a Carlo III, e la realizzazione di una seconda statua con la propria immagine, da porre a fianco a quella del padre, con stessa posa ma speculare. Purtroppo, quest’ultima non poté essere eseguita per intero dalla scultore veneziano, a causa della sua morte; il cavaliere Ferdinando I fu scolpito dall’allievo di Canova, Antonio Calì. Entrambe le statue rischiarono di essere distrutte nel 1860; una leggenda racconta che quando il popolo era in piazza intenzionato ad abbattere i due Borbone (stava arrivando Garibaldi), un prete, salendo in cima ad uno dei due monumenti, parlò alla folla convincendola della facile possibilità di sostituire le teste delle statue con quelle di Giuseppe Garibaldi e del Re d’Italia, di fatto salvandole. Infine, un gioco molto caro ai napoletani ed ai turisti: consiste nell’attraversare piazza Plebiscito ad occhi chiusi, percorrendo circa 170 metri in linea retta, partendo dalla porta del Palazzo Reale che si trova esattamente al centro fra le due statue equestri, e passarvi in mezzo, ma praticamente nessuno riesce nell’impresa. La tradizione narra che la Regina Margherita di Savoia concedesse, una volta al mese, a uno dei suoi prigionieri di avere salva la vita a patto di superare una prova: passare, bendato, tra le due statue equestri, partendo dalla porta di Palazzo Reale. Inutile dire che nessun prigioniero superò mai la prova.
Fonte: "grandenapoli.it - vesuviolive.it"
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