Situato nel cuore del centro antico di Napoli, il Museo Cappella Sansevero è un gioiello del patrimonio artistico internazionale. Creatività barocca e orgoglio dinastico, bellezza e mistero s'intrecciano creando qui un'atmosfera unica, quasi fuori dal tempo. Tra i tanti capolavori da ammirare, disposti secondo la struttura del tempio della massoneria, il celebre “Cristo velato”: posto al centro della Cappella, opera di Giuseppe Sanmartino, cattura subito lo sguardo del visitatore. La particolarità è il velo che ricopre il corpo del Cristo morto, disteso su dei cuscini: pur essendo di marmo, sembra in realtà fatto di tessuto, per le sue linee morbide e soffici. Sul volto e sul corpo di Gesù si possono scorgere i segni delle torture inflitte: la ferita del costato, i piedi e le mani trapassati dai chiodi e i lineamenti provati dalla sofferenza. La leggenda vuole che la morbidezza del velo non sia dovuta all’abilità scultorea di Giuseppe Sanmartino, ma sia da attribuire ai poteri esoterici del Principe Raimondo di Sangro, che sembrava essere in grado di solidificare, con un liquido di sua invenzione, tessuti e persino organi del corpo. Un’opera talmente bella e affascinante che Antonio Canova dichiarò che, pur di appropriarsi del Cristo velato, avrebbe rinunciato anche a dieci anni della sua vita. Un’altra notevole opera, ideata da Raimondo insieme all’esperto scultore Corradini, è la bellissima “Pudicizia velata”, una statua che il Principe volle dedicare alla madre, venuta a mancare a soli 23 anni, quando lui ancora non aveva compiuto il primo anno di vita. Raffigura una donna totalmente avvolta da un velo che aderisce al suo corpo, accompagnandone le forme. La donna si regge ad una lapide spezzata, che è il simbolo della giovane età della madre nel momento della sua morte. Il Principe dedica alla mamma mai conosciuta la virtù della pudicizia come forte contrasto allo stile di vita dissennato del padre, Antonio di Sangro, uno spudorato libertino a cui il figlio dedicò la statua del “Disinganno”, scolpita da Francesco Queirolo. Qui è raffigurato un uomo che tenta di sfuggire ad una rete per andare incontro alla fede, simboleggiata da un angelo alato che gli presta aiuto. Infatti, dopo una vita dissoluta e depravata, Antonio di Sangro decise di ritirarsi in convento. Ancora, la tomba del Principe: l’elogio funebre - “uomo straordinario predisposto a tutte le cose che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della Natura” - non è inciso ma in rilievo, grazie ad un tecnica elaborata con diversi solventi chimici dal Raimondo stesso. Una delle opere più singolari della Cappella Sansevero è quella di Cecco di Sangro. La statua si trova al di sopra dell’ingresso e descrive un fatto realmente accaduto: comandante agli ordini di Filippo II, durante una campagna nelle Fiandre rimase chiuso due giorni in una cassa e grazie a questo stratagemma riuscì ad entrare nella rocca di Amiens e prendere di sorpresa i suoi nemici. Secondo la leggenda, questo monumento ricorda anche la morte del Principe: in prossimità della fine, Raimondo di Sangro si fece tagliare a pezzi e rinchiudere in una bara, da cui doveva uscire vivo dopo un tempo prefissato. Ma la famiglia la aprì poco tempo dopo, impedendogli la resurrezione. La Cavea ospita le “Macchine Anatomiche”, cioè gli scheletri di un uomo e di una donna gravida, di cui si può osservare l’intero apparato circolatorio. Una credenza popolare, raccontata da Benedetto Croce, vuole fossero i servi del Principe, mentre in realtà sono due modelli realizzati dal Dottor Giuseppe Salerno tra il 1763 ed il 1764. Si ritiene che, vista la passione alchemica di Raimondo, questi abbia realizzato una sostanza a base di mercurio che, iniettata nel corpo, permetteva la metallizzazione dei vasi sanguigni.
Fonte: "10cose.it"
Fonte immagine: "10cose.it"