In pieno centro storico a Napoli, tra case e balconi con lenzuola stese al sole, sorge l’antico Complesso termale di San Carminiello ai Mannesi, in un più recente passato una vera e propria chiesa partenopea. In vico I Carminiello ai Mannesi, precisamente a Est di via Duomo e incastrato all’interno dell’isolato delimitato a Nord da via Tribunali e a Sud da via San Biagio dei Librai, il sito archeologico fu scoperto per puro caso nel 1943, durante i lavori per la rimozione delle macerie della chiesa di Santa Maria del Carmine ai Mannesi, sventrata e distrutta a causa dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Il toponimo “ai Mannesi” si riferisce agli artigiani che lavoravano in quest’area, riparando o costruendo carri. L’edificio religioso romano, che inglobava in sé i resti di una fondazione di una “domus” tardo-repubblicana, si estendeva per circa 700 metri quadrati, con circa 18 ambienti; è stato edificato alla fine del I secolo d.C. ed è articolato in 2 piani, presentando delle volte a crociera e archi in laterizio con delle specchiature in opera reticolata di tufo giallo. Il piano inferiore era destinato ad ambienti di servizio, disposti tutt’intorno a una grande sala rettangolare affrescata; nei seminterrati, invece, erano presenti stanze adibite a magazzini di deposito. Al piano superiore è inoltre visibile una grande vasca rettangolare ricoperta in cocciopesto - materiale impermeabile usato dagli antichi Romani per pavimenti a contatto con l’acqua, da Vitruvio chiamato anche “Opus signinum” - e una vasca più piccola centrale con gradini e fontana rivestita di marmo bianco. Nel corso del tempo, il Complesso subì notevoli ristrutturazioni durante le quali furono messe in luce altre caratteristiche del sito: una delle più importanti fu l’installazione di un Mitreo, in due ambienti del piano inferiore. La zona era dedicata al Dio Mitra, importantissima divinità dell’induismo e appartenente alla religione persiana, assorbita anche nel mondo ellenico e romano, il cui culto trovò larga diffusione sopratutto in ambito militare. Il Mitreo è ben riconoscibile dai resti di un rilievo in stucco visibile sulla parete di fondo, dove si può ammirare la rappresentazione del Dio Mitra nell’atto di uccidere un toro. La vasca marmorea con fontana centrale venne adoperata come sepolcro per un gruppo di infanti, la cui età oscillava tra i 4 mesi e i 4 anni circa; tali salme venivano ricoperte da terreno e ceramica invetriata. La vita che gravitava intorno al Complesso di San Carminiello ai Mannesi non si è protratta oltre la fine del IV secolo. Agli inizi del 1980, furono svolti i primi scavi stratigrafici di recupero che hanno permesso di riportare alla luce ceramiche, ossa, vetri e monete; grazie a tali reperti è stato possibile non soltanto studiare e riconoscere il progressivo declino degli allevamenti di animali domestici e dunque dell’alimentazione a esso correlata, ma anche e sopratutto ricostruire i flussi commerciali della Napoli alto-medioevale. Nello specifico, gli studiosi hanno capito che fino al VI secolo, Napoli intratteneva solidi rapporti commerciali con il Mediterraneo, importando derrate alimentari e ceramiche da mensa del tipo sigillata chiara dalla Tunisia, dall’Asia Minore e dalla Siria; è forte anche la testimonianza di una ripresa di produzione di vino campano.
Fonte: "vesuviolive.it"
Fonte immagine: "vesuviolive.it"