La fondazione del Complesso monumentale dei Girolamini avvenne tra la fine del Cinquecento e la prima metà del Seicento; deve il suo nome ai religiosi seguaci di San Filippo Neri, che ebbero come iniziale luogo di riunione la Chiesa di San Girolamo alla Carità, a Roma. Il Complesso, ingrandito e arricchito di opere d’arte nel corso del Settecento, divenne nel 1866 Monumento Nazionale con le leggi eversive del patrimonio ecclesiastico. La struttura, composta dalla Chiesa monumentale, la Quadreria, la celeberrima Biblioteca, i due Chiostri e l’Oratorio, costituisce una delle più importanti concentrazioni culturali della città di Napoli. Il progetto della Chiesa è di Giovanni Antonio Dosio, nelle forme classiche toscane. Dopo la sua morte, l'opera fu continuata da Dionisio Nencioni di Bartolomeo, che la ultimò nel 1619. La cupola ed il frontespizio sono invece opera di Dionisio Lazzari. La facciata fu rifatta da Ferdinando Fuga nel 1780, in marmi pregiati. Sul portale si vedono le “Tavole della Legge”, scritte in caratteri ebraici; ai lati, due campanili gemelli dotati di orologi. La parte superiore della facciata è alleggerita da un finestrone rettangolare, sormontato da un timpano sul quale svetta un coronamento, costituito da un timpano arcuato spezzato, al centro del quale si innalza un setto decorato con l'immagine della Maternità. Nelle nicchie del prospetto sono collocate delle statue iniziate da Cosimo Fanzago e ultimate da Giuseppe Sanmartino. L'interno è molto vasto e presenta una pianta a croce latina, suddivisa in tre navate per mezzo di 24 colonne di granito. Le cappelle sono 12, tutte decorate da artisti di estrazione toscana, romana ed emiliana. Sulla controfacciata c'è un affresco di Luca Giordano, che documenta tutta la cultura figurativa del Barocco napoletano. Non meno interessanti sono le sculture di Pietro Bernini, quelle di Giuseppe Sanmartino (gli “Angeli reggifiaccole” sulla balaustra della tribuna) ed ancora il soffitto a cassettoni, realizzato nel 1627. Per la sua decorazione barocca in oro, la Chiesa fu detta “Domus Aurea” e custodisce i resti mortali di Giambattista Vico, che nell'Oratorio lavorò a lungo per ordinare ed ampliare la Biblioteca, una delle più ricche del Mezzogiorno e la più antica tra quelle napoletane, con oltre 160 mila fra volumi ed opuscoli. La Biblioteca, specializzata in Teologia cristiana, Filosofia, Chiesa cristiana in Europa, Storia della Chiesa, Musica sacra e Storia generale dell'Europa, è ubicata in quattro stupende sale settecentesche e due moderne. Il Chiostro, detto della “Porteria”, venne realizzato su progetto del Dosio, che adattò lo spazio del cortile dell'originario Palazzo Seripando in un Chiostro a pianta quadrata. Il corpo di fabbrica è sorretto da cinque colonne per lato, mentre ai quattro lati ci sono pilastri in piperno. La pavimentazione, in maioliche, è stata ricavata dal precedente edificio; al centro c'è un bellissimo pozzo del Cinquecento. Il secondo Chiostro, dell'Aranceto, è il più grande dei due ed è così denominato proprio per le coltivazioni degli aranci. Fu eretto nel Seicento sui disegni di Dionisio Nencioni di Bartolomeo e di Dionisio Lazzari. La fabbrica è sorretta da possenti pilastri ed i giardini sono ad una quota più bassa rispetto al suolo, collegati con l'ambulacro tramite scale. Da questo Chiostro si accede alla Biblioteca e alla Quadreria. Infine, l'Oratorio dell'Assunta, detto anche “Cappellone dell'Assunta”. Sui banchi laterali sedevano gli artigiani e i commercianti più importanti della città e, perciò, è più conosciuto come Cappella degli Artigiani; solo ai migliori era concesso di sedersi più vicini all'altare. Lo storico luogo di culto fu fondato nel 1590 come seconda Chiesa del Complesso monumentale. Sull'altare, una “Assunta” di fine Cinquecento, attribuita a Fabrizio Santafede. Gli affreschi del XVIII secolo sono attribuiti a Giuseppe Funaro e Crescenzo Gamba, che è anche autore del “trompe-l'oeil” al centro della volta.
Fonte: "corpodinapoli.it"
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