Gli ingressi ai Chiostri di Monteoliveto si trovano in via Monteoliveto, via Mario Morgantini e via del Chiostro. L’area coperta dal complesso conventuale si presentava già molto estesa nel momento della fondazione, e venne ampliata ancora di più nel corso degli anni grazie alle donazioni dei terreni circostanti da parte di Alfonso d’Aragona. Così, già nel XV secolo, si potevano contare sette grandi spazi suddivisi in Chiostri e giardini. Il complesso era molto apprezzato, oltre che dal Re, anche da molte altre famiglie nobili e potenti della città, come i Piccolomi e i D’Avalos, che utilizzavano i suoi spazi per discutere di affari al riparo da occhi indiscreti. I Chiostri della struttura erano quattro: quello più grande era formato da due ordini di volte sorrette da nove archi nel lato maggiore e sette in quello minore; da qui era possibile accedere al secondo, in stile rinascimentale con due ordini di colonne, chiuso su un lato da un edificio costruito in epoca successiva; di seguito si arrivava al terzo, costituito da cinque arcate sul lato lungo e quattro su quello corto, con al centro un pozzo seicentesco in marmo di forma ottagonale con l’architrave, sorretto da due due colonne corinzie, su cui è incisa la scritta “Chi berrà quest’acqua ne avrà di nuovo sete”; per ultimo, troviamo il Chiostro più piccolo, detto “di servizio”, anch’esso caratterizzato da due ordini di archi sovrapposti. La soppressione dell’ordine del 1799 segnò la fine dello splendore, con Chiostri e Convento trasformati in appartamenti privati o usati come sede per pubblici uffici, come la Giunta di Stato durante i processi contro i Repubblicani o, nel 1848, il Parlamento.
Fonte: "I chiostri di Napoli"
Fonte immagine: "napoligrafia.it"