La Chiesa di San Michele Arcangelo sorge su una collina di origine vulcanica che si erge dinanzi al Vesuvio e che era abitata già in epoca romana; infatti, numerosi sono i reperti archeologici che sono situati alle sue falde. Il più antico toponimo della collina è “Pandiera”; risale al periodo greco e significa “tutto sacro”. Nel V secolo, la collina assunse la denominazione di “Monte Sant'Angelo”. Al 1400 risale la prima notizia di una Chiesa dedicata all'Arcangelo Michele e, accanto ad essa, di un casato che ospitava degli eremiti. Il 20 settembre 1577, giunsero sul colle i Padri Camaldolesi e lo acquistarono; da allora, esso fu denominato “Collina dei Camaldoli”. Nel 1714 iniziarono i lavori per la realizzazione della foresteria, la biblioteca, l'infermeria e il refettorio. L'antica Chiesa, che risentiva del peso dei secoli, fu abbattuta e, dal 1741, se ne edificò una nuova, l'attuale. La quiete del Monastero e dei Padri Camaldolesi fu interrotta dalla legge emanata da Gioacchino Murat il 13 febbraio 1807, con cui molti complessi religiosi furono soppressi e i Padri scacciati dal Regno di Napoli. Dopo il ritorno dei Borboni a Napoli (1822), i Camaldolesi riottennero l'eremo nel 1826. Nel 1867, il Monastero fu definitivamente soppresso, i Padri espulsi e tutto il complesso messo in vendita. La città, per mera superstizione, non volle acquistare la proprietà che passò in mano a privati: l'onorevole Federico Capone, che con profondo rispetto mantenne integro il tutto; il Barone russo Carlo Pontus De Knorring, che disperse molte testimonianze storiche e artistiche del monumento, come l'importante raccolta di libri dei Padri; l'Ingegnere Antonio Amodio di Torre Annunziata, che affidò il tutto a dei coloni; la Baronessa tedesca Maria Ursula Von Stohrer, che non godette del complesso a causa della Seconda Guerra Mondiale, che portò sulla collina batterie antiaeree. I tedeschi e poi gli alleati, con i bombardamenti, contribuirono purtroppo alla rovina del tutto. Il Monastero riacquistò dignità e lustro quando la Baronessa lo vendette, nel 1954, ai Padri Redentoristi di Sant'Alfonso; da qui nasce la nuova denominazione del colle, “di Sant'Alfonso”. Il primo Redentorista inviato a custodire e a iniziare i lavori di restauro del complesso fu Padre Giuseppe Cicatiello. La Chiesa, in stile barocco, presenta una armoniosa facciata che evidenzia il portale sormontato dagli stemmi dei Padri Camaldolesi e da quello di Papa Gregorio XVI. Il tempio, la cui pianta è a croce latina, è corredato da molte opere d'arte, come gli altari; spicca il maggiore di questi, riccamente lavorato con policromia di marmi. Fra le tele si mirano quelle raffiguranti “San Michele”, “San Gennaro” e “San Romualdo”, che risalgono alla metà del Settecento. Gli affreschi in sacrestìa furono affidati all'artista F. Palumbo, nel 1764, con scene rappresentanti “Il Trionfo dell'Eucaristia” nella volta, il “Trasporto dell'Arca” nella parete Sud e “Le Virtù” nella parete laterale. La statua in marmo, raffigurante “San Michele” fu fatta scolpire nel 1740 e misura 1 metro; sulla base si legge: “Io Michele Arcangelo - che sto davanti a Dio - sempre vi custodirò”. La statua, dopo l'ultima soppressione del Monastero, fu messa in salvo e donata alla Basilica di Santa Croce in Torre del Greco. In seguito, alla richiesta dei Padri Redentoristi e all'approvazione del Consiglio pastorale e del proposito curato, Monsignor Onofrio Langella, il 25 ottobre 1991 la statua è ritornata al colle nella sua antica e originale sede, da dove veglia sulla sottostante città di Torre del Greco.
Fonte: "Il Notiziario"
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