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Certosa di San Martino

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Descrizione

L’aspetto attuale della Certosa si deve al lavoro di tre architetti: Giovanni Antonio Dosio (1581), che ammorbidì la rigida immagine gotica conferendole un elegante stile rinascimentale; Cosimo Fanzago (1623), artefice della pregiata veste barocca; Nicola Tagliacozzi (1723), che riuscì a sintetizzare nel suo lavoro l’architettura, la pittura e la scultura distintiva del gusto rococò. Nel corso del tempo, lavorarono per i Monaci Certosini artisti molto rinomati: tra i pittori vi furono Ribera, Battistello Caracciolo, Lanfranco, Luca Giordano, tra gli scultori invece, Giuseppe Sanmartino e Domenico Vaccaro. Edificata nel 1325 per volere di Carlo d’Angiò, Duca di Calabria, subisce fin da subito profondi cambiamenti fino a quando, nella seconda metà dell’Ottocento, la Certosa diventa Museo Nazionale Italiano. Un eccellente restauro consegna intatta la corretta percezione del luogo religioso e dello spazio antico, in un itinerario museale che alterna testimonianze della storia di Napoli e della Chiesa a panorami mozzafiato percepibili da loggiati, belvederi e giardini. Nell’ampio cortile si vede immediatamente la facciata esterna della Chiesa, una specie di scrigno della pittura e della scultura napoletana del Seicento e Settecento. Le cappelle, ai lati della navata, sono ricoperte da splendide tarsie marmoree, particolarmente preziose nella cappella ad opera di Cosimo Fanzago, dedicata a San Bruno, promotore dell’Ordine certosino. La volta, che mantiene intatta la sua struttura originaria trecentesca, venne dipinta da Giovanni Lanfranco (1637-40), che rese magnificamente “L’Ascensione di Cristo” in un tripudio di luce dorata. Nel 1754, nella cappella di San Martino, Giuseppe Sanmartino realizza la “Fortezza”, la “Carità” e i quattro gruppi di cherubini, che rappresentano, con tutto il loro splendore, le rare qualità di un maestro d’eccezione. Una vivace balaustra di marmo, pietre preziose e bronzo dorato, del 1761, precede la zona del presbiterio. L’altare maggiore del 1705, mai portato a termine in modo definitivo, è in legno dorato e dipinto proprio come se fosse marmo. Nel coro, le grandi tele alle pareti sono dei più importanti artisti del XVI secolo: Guido Reni, Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo e Massimo Stanzione. Gli armadi in noce (1587-1600) della sagrestìa monumentale sono rivestiti di tarsie lignee ad opera di artisti fiamminghi e napoletani. La Cappella del Tesoro ha in sé veri e propri capolavori, come la “Pietà” di Ribera (1637) sull’altare, e nella volta il “Trionfo di Giuditta” di Luca Giordano (1704). La Certosa di San Martino ha due chiostri: il Chiostro Grande e quello dei Procuratori. Il Chiostro Grande fu realizzato sullo stesso impianto di quello trecentesco. Le celle dei Monaci Certosini, disposte tutte intorno, godevano di una spettacolare vista sul Golfo di Napoli. Integrato nel Chiostro c’è il cimitero dei Certosini, con la balaustra barocca decorata con teschi ed ossa. Il Chiostro dei Procuratori è contornato da arcate in piperno e marmo bianco, con centro un pozzo decorato. Sulle pareti del Chiostro sono state collocate epigrafi storiche, sculture e stemmi asportati da palazzi e strade di Napoli durante il periodo del Risanamento.
Fonte: "10cose.it"
Fonte immagine: "turistipercaso.it - 10cose.it"

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