Costruito intorno al X-XI secolo d.C., contemporaneamente al sorgere dei primi nuclei abitativi nelle zone più alte del territorio, la sua funzione era quella di sorvegliare l’intera baronìa di Alvignano. Il Castello è costituito da quattro possenti torri cilindriche angolari; nell'orditura dei tufi spezzettati del vecchio maniero, si riconosce la compresenza di una torre quadrata preesistente, che fu incorporata nel forte, ipotesi che fa supporre che in origine il Castello fosse molto più piccolo e spartano. Diverse sono state le modifiche apportate alla struttura originaria: fu ampliato nel 1282, rinforzato nelle mura in epoca angioina e, nel 1400, accresciuto con le quattro torri cilindriche. All'interno sono ben visibili i due cortili, le cucine, i depositi e le stanze residenziali, nonché un’antica cappella chiamata Santa Maria al Castello. Il mastio conserva ancora oggi il suo caratteristico decoro di beccatelli in tufo locale. La struttura del forte si può definire “piombante”, non essendo circondato né da rupi, né da fossati. Inizialmente presentava un ponte levatoio sostituito, poi, da un grosso portone di legno, protetto da una grata azionata da un sistema di carrucole. Il feudo fu degli Origlia, degli Altardo e poi Ruggiero; successivamente, fu affidato al Feudatario Bareusonus (1138) e molto più tardi a Marcantonio De Clavellis, alla cui morte succedette prima Geronimo, nel 1504, e poi il figlio Francesco, di cui si narrano gioie e sventure, condite da fascinose circostanze. Francesco sposò una giovane e affascinante Baronessa, di nome Elina, dai modi molto gentili e delicati, tanto da essere adorata persino dalla servitù. La gioia della gravidanza e poi della nascita del primogenito fu, però, accompagnata dalla tristezza per la sua morte, durante il travaglio. Francesco raccolse le volontà della consorte di essere seppellita all’aperto, proprio nei pressi del Castello di Alvignano, sul colle più verde e soleggiato. Gli anni lentamente lenirono il dolore, così che il Barone decise di risposarsi. La seconda moglie, Annamaria, era nipote di Giovan Battista Caracciolo, uno dei maggiori esponenti della corte napoletana. Anche Annamaria diede alla luce un figlio e, misteriosamente, anch’ella morì di parto. Così Francesco, già provato per il primo lutto, dovette superare l’inspiegabile dolore del secondo. Trascorsero diversi anni, ma la solitudine e l’esigenza di accudire i due bambini lo spinsero a prendere di nuovo moglie. Fu Cinzia, figlia di Prospero II Suardo, ad accogliere la sua amorevole proposta. Purtroppo, anche quest’ultima sposa subì la medesima oscura sorte delle prime due. Francesco, dunque, pazzo di dolore, ordinò che fosse demolito immediatamente il Castello, sicuro che qualche maligna presenza lo abitasse. I lavori di abbattimento ebbero presto inizio quando un giorno, una giovane ed elegante donna di nome Alfonsina, che passava da quelle parti con il suo corteo per raggiungere il Castello di Dragoni, domandò il motivo della celere demolizione. Conosciuta l’infelice storia, volle incontrare senza indugio Francesco. Fu durante questo colloquio che Alfonsina s’innamorò perdutamente del Barone, pregandolo di sposarla. Il Castello di Alvignano fu ricostruito, più grande ed imponente. I due, però, decisero di non avere figli e felici destinarono il loro amore alla cura dei tre bambini, avuti in precedenza.
Fonte: "saperincampania.it - csa.caserta.bdp.it"
Fonte immagine: "castlesintheworld.wordpress.com"