Risalente al XIII secolo e costruita originariamente nell’austero stile gotico delle altre chiese angioine della città, tra il 1753 ed il 1766, grazie all’Architetto Nicola Tagliacozzi Canale, la Chiesa del Carmine acquisì l’aspetto attuale, divenendo uno dei migliori esempi del Barocco napoletano. Aperta sull’angolo Nord-orientale dell’omonima piazza, la Basilica presenta, su disegno di Giovanni del Gaizo, una facciata a due ordini architettonici classici, sormontati da un’elegante cornice e da un timpano che ne contiene l’iscrizione di dedica. Immediatamente accanto, si erge il grandioso campanile detto “di Fra’ Nuvolo”, costruzione che da una fondazione in bozze piane in piperno esibisce prima uno sviluppo verticale a piani quadrangolari, poi ottagoni sino alla cima, dove emerge, rivestita da mattonelle maiolicate, una cuspide piramidale. Proprio in corrispondenza della base del campanile, è presente un piccolo altarino dedicato a Santa Barbara, protettrice contro i fulmini, realizzato nel 1518, un tempo adornato anche da una tela attribuita a Luca Giordano. L’interno, su pavimento a scacchi nero e bianco, presenta un’ampia navata su cui si affacciano due file di cappelle interconnesse tra loro, chiuse da balaustre e da una cancellata in ferro battuto con ricchi ornati in ottone, tutte architettate con doppi pilastri corinzi a riquadrature in marmo policromo e sormontate da archi a tutto sesto riccamente decorati, come su disegno di Cosimo Fanzago. Il soffitto, invece, si caratterizza per uno sfarzoso cassettonato a riquadri ottagonali raccordati da rosoni, sul quale, in posizione centrale, si staglia una statua in legno raffigurante la Vergine del Carmine: si tratta comunque, per queste ultime, di opere di realizzazione moderna, a sostituzione degli impalcati originariamente lignei andati distrutti durante i bombardamenti del secondo conflitto mondiale. Sulla tribuna, nel punto di divisione tra navata e crociera, è visibile il Tabernacolo e il cosiddetto “Crocifisso miracoloso”, scultura in legno di tiglio coperta con stucchi e ornature policrome. La Chiesa del Carmine divenne protagonista di un fatto straordinario, avvenuto durante la lotta tra il Re aragonese Alfonso V e il Re di Napoli Renato d'Angiò, che aveva trasformato l'edificio sacro in un fortino di guerra, posizionando sul suo campanile l'artiglieria e la bombarda detta “La Pazza” (perché quando sparava non si sapeva dove poteva arrivare il colpo). Nel 1439, Alfonso e suo fratello Pietro d'Aragona assediarono la Basilica. Per ordine di Pietro fu sparato un colpo dalla bombarda “La Messinese”, che sfondò l'abside e andò in direzione del Crocifisso di legno che, per evitare il colpo, chinò il capo. Il fatto può essere considerato ancora più straordinario quando, un colpo sparato dalla bombarda del campanile uccise Pietro d'Aragona, troncandogli il capo. Il Re aragonese, trovandosi a combattere contro Forze superiori, decise di togliere l'assedio, ma quando entrò trionfalmente a Napoli nel 1442, decise di far costruire un sontuoso Tabernacolo, ultimato il 26 dicembre del 1459, per venerare il Crocifisso miracoloso, visibile ogni anno dal giorno dopo Natale per otto giorni ed anche il primo sabato di Quaresima, per ricordare quando nel 1676 Napoli fu risparmiata da una terribile tempesta, durante la quale i fedeli supplicarono l'aiuto del Cristo miracoloso, che riportò il sole sulla città e fece ritirare le acque. In fondo alla Chiesa si apre, infine, il ricchissimo abside, opera di Cosimo Fanzago del 1760. Alle pareti sono presenti quattro nicchie nelle quali, all’interno di una sfarzosissima cornice architettonica, trovano posto altrettante anfore in alabastro, ornate con festoni in bronzo dorato. Dietro l’altare maggiore, in posizione centrata, si apre l’arco che rende visibile la Cappella e l’icona della Vergine del Carmelo detta “La Bruna”, fulcro del culto stesso di questa Basilica. L’immagine lignea, opera probabilmente di scuola toscana del XIII secolo, è del tipo “della tenerezza”, in cui i volti della Madre e del Figlio sono accostati in espressione di dolce intimità. Nel 1500, in occasione dell'Anno Santo, l'immagine della Madonna Bruna fu portata in processione a Roma ed esposta nella Basilica di San Pietro. Solo per tre giorni però, perché si sparse la voce dei miracoli che la Madonna aveva compiuto per tutto il viaggio da Napoli a Roma e Papa Alessandro VI, temendo che potesse intaccare la vendita delle indulgenze, ordinò che fosse riportata a Napoli. Secondo la tradizione, comunque, le origini del culto risalirebbero assai lontano nel tempo, e precisamente a quando ad alcuni Monaci, sfuggiti alle persecuzioni saracene e giunti a Napoli dalla Palestina, fu concesso l’utilizzo di una piccola cappella dedicata a San Nicola (la cosiddetta Grotticiella), collocata presso la marina fuori la città, nella quale collocarono proprio l’immagine della Madonna, da loro stessi venerata originariamente sul Monte Carmelo. Il primo documento storico che riporta la presenza dei Carmelitani a Napoli è del 29 Ottobre del 1268, quando Carlo I d'Angiò fece giustiziare Corradino di Svezia, ultimo degli Hohenstaufen, proprio di fronte alla Chiesa, in piazza Mercato. Inizialmente buttata in un fosso, la sua salma fu sepolta all'interno dell’edificio di culto, nella cappella della Madonna, dove oggi si trova ancora la sua lapide commemorativa. Le sue ossa, tuttavia, furono spostate nel 1847 su richiesta di Massimiliano II di Baviera, che volle dare onore alla memoria di questo giovane Principe - aveva solo sedici anni quando fu decapitato - con una statua disegnata da Bertel Thorvaldsen, nel cui piedistallo sono deposte le sue ossa. Le sue spoglie corsero il rischio di essere trafugate nel 1943, da un gruppo di soldati tedeschi che voleva riportarle in Germania. Cercarono di interpretare la lapide, spezzata, per l'ubicazione delle regali ossa e cercarono dietro il piedistallo della statua, senza trovarle. Un altro episodio storico che si svolse sotto gli occhi della Chiesa del Carmine fu il raduno, nella porta a martello del chiostro, dei rivoltosi del 1647, prima di quella che sarà la Rivoluzione Napoletana contro il malgoverno del Viceré spagnolo, il Duca d'Arcos, chiedendo l'abolizione delle gabelle (le odierne tasse). Purtroppo Masaniello, dopo esser stato nominato capo del fedelissimo popolo napoletano e poi accusato di tradimento, fu colto da instabilità mentale e segni di pazzia, che sfociarono in bestemmie e sceneggiate il 16 luglio, giorno della festa della Madonna del Carmine. Trovò la sua morte in Chiesa, ucciso da quattro colpi di archibugio. La sua testa fu portata in processione per le strade di Napoli e mostrata al Viceré, che rimise tutte le precedenti gabelle. Il popolo, rendendosi conto dell'errore, ebbe pietà delle spoglie di Masaniello, l'umile pescivendolo, e le seppellì in Chiesa. I suoi resti rimasero lì fino al 1799, dopo il fallimento della Repubblica giacobina partenopea, quando Re Ferdinando IV di Borbone, per estirpare ogni segno di ribellione, fece disperdere le sue ossa. I fondatori della Repubblica, fior fiore della società intellettuale di Napoli, furono tutti giustiziati in piazza Mercato. Tra questi, Eleonora Pimentel Fonseca, Luisa Sanfelice, Mario Pagano, Domenico Cirillo, sono seppelliti alla rinfusa sotto il pavimento dell'ampio atrio di fronte alla Basilica.
Fonte: "bibliotecauniversitarianapoli.beniculturali.it - lapilli.eu"
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