L’Archivio “de Cammera” e l’Archivio “de la Zecca” erano due dei quattro archivi reali che per volontà di Gioacchino Murat, con Regio Decreto del 22 dicembre 1808, confluirono all’interno dell’Archivio Generale del Regno, al fine di riunire in un medesimo luogo gli antichi documenti delle istituzioni fino ad allora esistenti in città. A questi si aggiunsero la Regia Camera della Sommaria, le Cancellerie delle antiche dinastie, le Segreterie di Stato di epoca vicereale, degli organi consultivi dello Stato, del Cappellano Maggiore e delle magistrature giudicanti (tra cui la Gran Corte della Vicaria). Con il ritorno dei Borbone, la struttura cambiò il nome in Grande Archivio del Regno. Dopo l’Unità di Italia, all’Archivio furono affidati anche gli atti dei ministeri borbonici, oltre che della Consulta di Stato e della Gran Corte dei Conti, ma non del Municipio di Napoli. Pesanti furono i danni subiti nel corso del secondo conflitto mondiale, per la perdita di un quantitativo enorme di volumi circa la Cancelleria angioina e aragonese; queste, custodite in un deposito presso Nola, furono distrutte dalle truppe tedesche in ritirata, nel settembre del 1943. La sede principale dell’Archivio di Stato è ospitato all’interno dell’antico Monastero benedettino dei Santi Severino e Sossio, dove i Benedettini, nel 902, trasferirono il corpo di San Severino e, dopo qualche tempo, le reliquie di San Sossio, ritrovate a Miseno. Il suggestivo chiostro detto Atrio del Platano, la parte più antica del Monastero (XVI-XVII secolo), prende il nome dall’albero che – secondo la leggenda - sarebbe stato piantato da San Benedetto. Il ciclo dei suoi affreschi rinascimentali è il più completo della città e raffigura episodi della vita del Santo; fu ultimato nel 1515 da Antonio Solario, detto “Lo Zingaro”. Affiancati ad esso, si aprono altri due cortili: il Primo Atrio, ovvero l'ingresso originario; l’Atrio Capasso, dedicato a Bartolomeo Capasso, erudito napoletano che ricoprì il ruolo di Soprintendente dell'Archivio dal 1882 al 1900. Infine, l'Atrio dei Marmi, che rappresenta il culmine del programma di rinnovamento del Monastero durante il Rinascimento e da cui è possibile accedere alle Sale monumentali: il Capitolo dei Monaci, ora Sala Catasti, affrescata da Belisario Corenzio agli inizi del ’600 con parabole, figure allegoriche e scene del Vangelo; il Refettorio, ora Sala Filangieri, con il grande affresco che rappresenta la moltiplicazione dei pani e dei pesci e l’allegoria della fondazione dell’ordine benedettino, anch’esso opera del Corenzio; la suggestiva Sala Tasso, così chiamata in ricordo del soggiorno del poeta nel Monastero benedettino. Pregevoli arredi lignei caratterizzano anche alcuni ambienti del terzo piano, dove sono conservati il Ministero degli Affari Esteri e l’Archivio Farnesiano, mentre un po’ appartata si trova la Farmacia, caratterizzata da scaffali intarsiati e da una bella pavimentazione. Degne di rilievo sono anche le sale del quarto piano: la Biblioteca, aperta al pubblico; la Scuola di Paleografia, Archivistica e Diplomatica; la Sala Diplomatica; il Salone degli Archivi gentilizi e l’ambiente che ospita la maggior parte dei documenti prodotti dalla Regia Camera della Sommaria. È possibile visitare l’Istituto, prenotando una visita guidata gratuita per l’itinerario monumentale e i locali dove sono conservati i documenti più antichi e preziosi.
Fonte: "bibliotecauniversitarianapoli.beniculturali.it"
Fonte immagine: "beniculturali.it"